Da più parti emergono storie di molestie e discriminazione verso i giocatori di videogames che mal sopportano le giocatrici… soprattutto quando sono brave
Le videogiocatrici in Italia? Sono il 47% del totale, secondo una ricerca condotta da IIDEA (l’associazione di categoria dell’industria dei videogiochi in Italia) nel primo semestre dello scorso anno. Insomma, quasi tante quante i videogiocatori. Eppure, secondo una fetta di questi ultimi, donne e ragazze con i videogames non dovrebbero avere nulla a che spartire.
Casi gravi di sessismo e molestie erano emersi con forza per la prima volta nel 2014, annus horribilis del cosiddetto #GamerGate: due sviluppatrici di software per videogames, Zoë Quinn e Brianna Wu (ma non solo loro), subirono una vera e propria persecuzione online, con insulti e addirittura minacce di stupro e di morte. Col tempo il fenomeno venne arginato, grazie anche alla presa di posizione dell’industria videoludica stessa, che stigmatizzò il comportamento degli hater. Arginato, ma non eliminato del tutto, come emerge dallo sfogo pubblicato qualche giorno fa su Facebook da Stefania Sperandio, caporedattrice di una rivista specializzata appunto in videogiochi:
Sabato sotto la mia video recensione di Hitman 3 è nata una discussione. Il motivo? Al di là del fatto di non essere abbastanza bella da potermi permettere una videocamera in 4K puntata addosso, non sorrido abbastanza. […] Nove anni fa, al mio primo vero articolo su SpazioGames, che fu una preview di Metal Gear Rising, il primo commento in assoluto fu “da quando fate recensire giochi a una femmina?”. Quando l’allora proprietà decise di affidarmi la responsabilità della sezione news del sito, nel 2015, ricordo uno struggente “chissà da quanti ti sei fatta sbattere”.
Stefania Sperandio

Il post inizia a girare, arrivano numerose reazioni di solidarietà fra cui un articolo della collega Fabrizia Malgieri, che dalle pagine di Game Reactor arriva al nocciolo:
I videogiochi sono nati per intrattenere tutti, indistintamente, e da sempre. Ed è giusto che, finalmente, ci si muova in modo compatto tutti insieme, uomini o donne che siano, contro questi attacchi personali ingiustificati.
Fabrizia Malgieri
I videogame? Solo l’ultimo dei tanti ambienti sessisti nell’entertainment
Il settore videoludico è, purtroppo, più la regola che l’eccezione in tanti ambienti: non solo quelli più tradizionalmente minacciati dal sessismo (uffici, aziende, pubblica amministrazione), ma anche quelli nati nel contesto dell’entertainment e quindi, in teoria, più vicini a una logica di puro divertimento in cui ciascuno/a dovrebbe poter trascorrere il tempo in modo piacevole.

È così nel settore dei giochi da tavolo, come mette in evidenza un articolo su Meeple Mountain a firma di Kathleen Hartin, che denuncia l’evidente sproporzione tra ruoli maschili e ruoli femminili nei personaggi dei giochi, nelle illustrazioni di copertina, nel giornalismo specializzato; è così per i giochi di ruolo, al punto che in Italia è nata l’iniziativa Donne, dadi & dati, gruppo di ricerca appunto su gioco di ruolo e discriminazioni; è così per l’editoria a fumetti, che ultimamente è stata scossa dalle testimonianze riportate sul sito di Moleste, il collettivo per la parità di genere nel fumetto.
Se, in generale, nel mondo si stanno facendo passi avanti sul tema della parità di genere, possiamo sperare che le cose migliorino anche in questi settori così specifici, e concludere citando di nuovo Stefania Sperandio:
Come community abbiamo, semplicemente, tanta strada da fare. E, giocatrici/aspiranti colleghe, per ogni ineducato che vi trova sbagliate, ci sono dieci giocatori che amano le prospettive diverse, che sanno guardare al percorso e alla voglia di fare, anziché al contenuto degli slip.
Stefania Sperandio
