Jack Kerouac, Allen Ginsberg, William S. Burroughs, Neal Cassady, Gregory Corso. Sono stati i primi rappresentanti di un movimento, la Beat Generation, che si poneva come scudo alle convenzioni sociali di un’America sospesa tra consumismo sfrenato e mille contraddizioni.
Prendere le distanze dalla società moderna, da ciò che rappresentava, dalle imposizioni del conformismo: questo facevano gli esponenti della Beat Generation
Quando sentiamo parlare di Beat Generation, il pensiero va alla vita on the road raccontata nel romanzo omonimo di Jack Kerouac. Oppure a un sacco a pelo, uno zaino in spalla e un taccuino su cui prendere appunti. Questi simboli di ribellione nacquero dalla non accettazione di una realtà ritenuta troppo limitata e limitante, della quale non si era interessati né a far parte, né a cambiarla, dove imperversavano sofferenza e insoddisfazione. Lo spirito che animava gli esponenti della Beat Generation era quello di contrastare e negare la cultura della borghesia americana degli anni Cinquanta.
This is the Beat Generation: il manifesto dei Beat
Il termine “Beat Generation” è stato coniato dallo scrittore Jack Kerouac alla fine degli anni Quaranta. L’anno di nascita ufficiale è indicato nel 1952, anno della pubblicazione di Go di John Clellon Holmes, primo racconto Beat. L’articolo intitolato This is the Beat Generation, apparso sul New York Times, porta sempre la firma di John Holmes. E questo è considerato il vero manifesto dei Beat.
La corrente letteraria della Beat Generation è basata su una rivoluzione del linguaggio, il quale diventa vitale e vivace, contrapponendosi allo stile tradizionale, considerato noioso e inadatto a esprimere la percezione alternativa della realtà. The New Vision,veniva chiamato il nuovo modo di scrivere.

La scrittura per fomentare le rivoluzioni
Così scriveva Jack Kerouac in una lettera a John Holmes, nel 1955: «Nel tuo prossimo libro o uno dei tuoi prossimi, scrivi velocemente, mettici dentro tutto, butta fuori, giù, su, dappertutto, scrivi di getto, come Céline, come tu stesso una volta mi dicevi di fare, dio santo impara a battere mille parole al minuto, compra due registratori, sconvolgi le stupide leggi, frega i giudici, fomenta le rivoluzioni della tua sconfitta, tira fuori tutto, porta tutto avanti, in alto, vinci, stelle, Ah, rivolgimenti, appendici, galassie, tempo, etichette, scatenato».
Cosa resta oggi della Beat Generation?
La Beat Generation era la generazione degli sconfitti e, allo stesso tempo, era considerata la cenere da cui sarebbero rinate le generazioni successive. Ma cosa è rimasto, oggi, di questo movimento? C’è qualcosa, nei testi della musica trap – in voga tra i giovanissimi – di tale spirito di ribellione? L’anticonformismo giovanile di oggi e gli strumenti con la quale attuarlo non sembrano essere cambiati di molto, negli ultimi decenni: l’uso di droghe, alcol, lo spirito di avventura, il sesso libero. Sarebbe interessante un confronto.
4 commenti
Premesso che non conosco molto la musica trap penso che con la beat generation di Kerouac abbia ben poco a che vedere. Ho letto la versione integrale di On the road, quella “ribellione” era realmente vissuta sulla propria pelle, quella musica si “consumava” nei locali, vibrava sulla pelle e dentro le vene, adesso per forza di cose è tutto diverso, non so se per molti sia migliore o peggiore (ahimè secondo me la seconda) di allora ma di sicuro (un po’?) meno reale.
Grazie Pier Mauro, cosa ci trovi di diverso di meno reale?
Comunque quella era veramente una generazione di ribelli ….oggi i giovani sono molto più malleabili
Ciao Marcello, cosa intendi con “più malleabili”?