Nato il 18 luglio 1918 nel villaggio di Mvezo, Nelson Mandela è l’emblema della lotta all’apartheid in Sudafrica
Sono passati trentun anni da quando Nelson Mandela riacquistò la sua libertà, dopo ventisette anni di prigionia. L’eredità umana di cui è testimone ancora oggi è composta dall’integrità e dalla caparbietà con cui portò avanti i suoi principi di uguaglianza e giustizia civile, principi che non volle mai ritrattare, a discapito della propria libertà.
La politica come arma per combattere le ingiustizie
Nato a Transkei, in Sudafrica, era figlio di un capo tribù. Mandela si avvicina alla politica perché considera intollerabile l’avanzare delle ingiustizie che colpiscono “la sua gente”. Una volta terminati gli studi di Giurisprudenza, avvia il primo studio legale per la tutela dei neri, vessati da leggi ingiuste e privi di tutela. Mandela inizialmente prende spunto dalla lezione di Gandhi, dedicandosi a campagne di disobbedienza civile all’insegna della non violenza, organizzando scioperi e proteste contro le leggi discriminatorie varate in seguito alla creazione dell’apartheid, la politica di segregazione razziale istituita nel 1948 dal governo di etnia bianca del Sudafrica che indicava la separazione, all’interno del Paese, tra bianchi da una parte e neri, meticci e indiani dall’altra. Gli effetti sulla popolazione non bianca erano drammatici poiché chi si trovava dalla “parte sbagliata” era costretto a vivere in uno stato di costante inferiorità e a subire umiliazioni. Le proibizioni e i divieti erano tanti.
Dalla non violenza alla lotta armata
Mandela capisce presto che la strada della non violenza non dà i frutti sperati, approdando alla lotta armata. Arrestato per la prima volta nel 1952, venne assolto ma ricondannato più volte, avviando un vortice di accuse, processi e detenzioni. Della storia di Mandela c’è tanto da sapere, e da studiare. Oggi lo ricordiamo innanzitutto perché fu un uomo che contribuì al cambiamento delle condizioni di vita dei neri e soprattutto perché è un esempio – senza tempo – per chiunque abbia un alto ideale politico e lotti per ottenere e salvaguardare diritti inalienabili.
Le sue parole, pronunciate alla fine di una leggendaria arringa (durata quattro ore), fanno venire i brividi ancora oggi: «Ho nutrito l’ideale di una società libera e democratica, in cui tutte le persone vivono insieme in armonia… Questo è un ideale per cui vivo e che spero di realizzare. Ma se è necessario, è un’ideale per il quale sono pronto a morire».
La presidenza e l’impegno umanitario
La crescente condanna internazionale alle politiche dell’apartheid e alle leggi razziali, a metà degli anni Ottanta, portò a colloqui segreti tra il governo e Mandela che culmineranno nella sua liberazione. Eletto presidente del Sudafrica nel 1994, una volta terminato il mandato si concentrò sull’impegno umanitario e in particolare sulla lotta contro l’AIDS attraverso la Nelson Mandela Foundation.
Una lotta che non può permettersi tregua
Si tratta di una storia recente e di ingiustizie mai sopite completamente. Oggi, movimenti come Black Lives Matter perpetuano la lotta contro il razzismo. La violenza e le discriminazioni di cui in troppi sono vittime non permettono di abbassare la guardia. Personaggi come Mandela sono da considerare icone viventi contro le sopraffazioni, e occorre ricordarsene spesso, specie quando si dà per scontato che la legge vada rispettata a prescindere da ciò che impone, poiché in certe situazioni è sacrosanto – e doveroso – ribellarsi. Le parole di un altro storico attivista politico, Martin Luther King, «Tutti noi abbiamo il dovere di obbedire alle leggi giuste e l’obbligo morale di disobbedire a quelle ingiuste», sono valide in ogni epoca.