Il Festival Torino Spiritualità è un progetto della Fondazione Circolo dei lettori nato nel 2005 che si può sintetizzare come “uno sprone alla ricerca di un senso”
Abbiamo chiesto ad Armando Buonaiuto, curatore del festival, di parlarci di questo importante evento culturale.
Torino Spiritualità nasce con lo scopo di offrire uno spazio privilegiato di riflessione e di favorire il confronto tra coscienze, culture e religioni differenti. Un’idea ambiziosa che in questi anni si è consolidata, divenendo un appuntamento fisso della città di Torino. Come nasce l’idea di realizzare un festival incentrato sul tema della spiritualità?
Il primo seme di ciò che sarebbe poi diventato Torino Spiritualità è stato piantato nel settembre del 2002. Il nome di quel primo progetto culturale era “Domande a Dio, domande agli uomini”, e non a caso arrivava a un anno esatto dagli eventi terribili dell’11 settembre 2001. Si trattava di un’occasione per riflettere su quanto avvenuto: come era stato possibile che il messaggio di elevazione spirituale che fa brillare ogni tradizione religiosa potesse subire tali torsioni da divenire il sigillo di un odio radicale, il marchio violento di una voragine aperta tra due opposte concezioni del mondo? Se ogni religione – dall’Ebraismo allo Shintoismo, dal Cristianesimo all’Islam – custodisce in un simbolico scrigno la regola d’oro della reciprocità, per cui non si deve fare all’altro ciò che non vorremmo per noi, perché tanta violenza nella storia dell’umanità? Porre domande a Dio e porre domande agli uomini, definendo lo spazio in cui la visione dell’uno e quella degli altri si incontrano o divergono, sembrò allora il modo più giusto per affrontare temi complessi quali la pace, la tolleranza e la convivenza civile, cercando il significato delle cose in una interrogazione inesausta. E quando, nel 2005, quella prima esperienza si trasformò in Torino Spiritualità, “cerca il significato” divenne il claim della manifestazione: uno sprone alla ricerca di senso che non solo è radice della spiritualità, ma è un impulso che pertiene tanto al credente quanto al non credente, e si manifesta in entrambi con la pungente sensazione di una sproporzione tra ciò che si innalza da dentro e ciò che troviamo fuori, nella vita di ogni giorno.
Oggi, arrivati alla XVII edizione, Torino Spiritualità prosegue in questo solco, coltivando il dialogo interculturale e interreligioso, riflettendo su modi e contenuti delle tradizioni spirituali storicizzate e ponendo attenzione alle intersezioni tra la dimensione della trascendenza e la filosofia, la letteratura, l’antropologia e la sociologia.

Come è strutturato il festival e come avviene la scelta dei temi? Sono previsti diversi eventi e tutti costituiscono occasioni di incontro e confronto: convegni, dialoghi, lezioni, letture.
Ogni anno definiamo un tema diverso intorno al quale imbastire una riflessione che, di norma, coinvolge un centinaio di voci provenienti da tutto il mondo e si articola in diversi format, dalla lezione magistrale al reading d’attore passando per i laboratori esperienziali e gli itinerari tra boschi e vallate. Una molteplicità di proposte, controbilanciata dall’organicità di pensiero. Immaginiamo il festival come una forma da scolpire: più che per somma di eventi, lo si costruisce togliendo materia, cioè rinunciando a ciò che si rivelerebbe non coerente con il perimetro di riflessione tratteggiato in principio. Il tema scelto per l’edizione, insomma, dovrebbe realmente innervare tutti gli appuntamenti che andranno a comporre il programma, così che alla fine emerga una forma chiara, il più possibile aderente all’intuizione di cui è espressione finale. Non sempre ci si riesce, perché la tentazione di spingersi a esplorare anche i lembi più lontani di un tema è forte, e oltretutto può valerne la pena, ma per quanto mi riguarda trovo che scrematura e selezione siano parole chiave nell’elaborazione di un progetto culturale.
Entrando poi nello specifico della scelta dei temi, l’intento è sempre stato quello di lavorare su una “urgenza” che appartenga a tutti, a livello più o meno epidermico, più o meno intimo. Si tratta di coglierla, prima, e di elaborarla, dopo, in modo da cucire insieme la dimensione collettiva e quella individuale.
L’anno scorso, ad esempio, abbiamo deciso di lavorare sul respiro perché era accaduto che la più automatica tra le azioni che compiamo fosse d’improvviso uscita dal cono d’ombra dell’abitudine, venendo dolorosamente alla ribalta. Imparare a studiare il nostro respiro, sorvegliarlo, temere quello degli altri… questioni ineludibili, che facevano dell’alito vitale uno spazio metafisico particolare: luogo di prossimità e di distanza, di singolarità e di massima mescolanza. Ma in passato, con questo medesimo approccio, abbiamo trattato il rapporto che unisce il sorriso alla sapienza, abbiamo indagato la quota di infanzia residua negli adulti che siamo diventati, abbiamo contemplato gli occhi familiari ed estranei degli animali, abbiamo abitato il mistero ambivalente della notte…
Aggiungo che quasi sempre è accaduto che l’ultimissimo colpo di scalpello al tema lo desse la letteratura, sigillando il tutto con la forza di una frase o di un verso rimasti nella memoria. Per fare un paio di esempi: “Ad infinita notte”, titolo dell’edizione 2019, era un frammento poetico tratto dall’opera di William Blake; “Preferisco di no”, titolo dell’edizione 2018, era un omaggio al celebre “avrei preferenza di no” del Bartleby melvilliano.
Come avete fatto fronte alla situazione creata dalla pandemia? Cosa ha avuto di particolare l’edizione del 2020, dedicata al Respiro?
Abbiamo fatto del nostro meglio per dare al pubblico un’esperienza culturale da vivere in totale sicurezza. A questo scopo abbiamo rinnovato le abituali location del festival puntando principalmente su due nuovi spazi aperti, due grandi “polmoni” che hanno ospitato la maggior parte degli appuntamenti dell’edizione: il Padiglione Torino Spiritualità, appositamente allestito nello scenario di piazza Carlo Alberto, e il Cortile di Combo, un’arena a cielo aperto che si trova a pochi passi dal vivacissimo mercato di Porta Palazzo. E poi abbiamo potenziato un progetto che portiamo avanti ormai da alcuni anni, le “Camminate spirituali”: itineranze in cui guide d’eccezione accompagnano i partecipanti alla scoperta delle montagne piemontesi. Ma dal momento che arrivavamo da mesi trascorsi a rimpiangere gli alberi da dietro alle finestre chiuse, abbiamo voluto aggiungere alle mete montane anche dei cammini nei parchi collinari di Torino, perché il sollievo della natura lo si può incontrare anche a pochi passi dalla propria soglia di casa.

Avete già deciso il tema dell’edizione 2021?
Lo stiamo definendo in questi giorni. Ho due diverse ipotesi in mente ma non ce n’è una che si sia già imposta sull’altra in modo decisivo, anche se l’istinto mi spinge più nettamente in una direzione. Ne discuterò ancora con il gruppo di lavoro della Fondazione Circolo dei lettori, che è l’ente titolare del progetto, e a breve tracceremo il perimetro definitivo. Posso dire però che entrambi i temi attualmente in ballo hanno una sorta di continuità con l’argomento della passata edizione, Respiro, nel senso che rappresentano lo sviluppo di scintille accese in quell’occasione. Cosa che, a ben guardare, accade spesso: al termine di una edizione ci si accorge di aver lambito uno spunto che forse avrebbe meritato maggior spazio; poi, nel tempo che intercorre tra la fine del festival e l’inizio dei lavori dell’edizione successiva, lo spunto torna a ripresentarsi, si irrobustisce e acquista contorni più netti, fino a prendere domicilio nella tua testa. Così, quando è tempo di definire il nuovo tema, ti accorgi che è già lì. Accade poi, come quest’anno, che ci sia perfino troppo, e allora bisogna scegliere quale idea scartare e quale coltivare. Come ho già detto, talvolta si tratta di costruire togliendo.
Il 2021 è l’anno di Dante. Torino Spiritualità aderisce a “Piazza Dante. #Festivalinrete”, il progetto sostenuto dal Comitato Nazionale per le celebrazioni dantesche, istituito dal Mibact. In che modo omaggerete la figura di Dante Alighieri, in occasione dei settecento anni dalla sua morte?
Il progetto è molto bello, un modo per coordinare gli eventi dedicati a Dante e proporli al pubblico in maniera organica. Noi, naturalmente, cercheremo degli approcci che siano in linea con la natura di Torino Spiritualità, e va da sé che l’opera di Dante ci offre infinite sponde su cui approdare. Ma dipenderà anche da quale sarà, alla fine, il nostro tema cardine, perché sarà quello a determinare forme e modi dell’approdo. Insomma, saprò dirti meglio tra qualche giorno!