“Sono figlia di Lucia, bruna Mamma biologica, suicida nelle acque del Tevere quando io avevo otto mesi e lei appariva da ventinove anni nel teatro umano. Sono figlia di Consolazione, bionda Madre elettiva, da me fragorosamente delusa.”
Inizia con questa frase il romanzo autobiografico “Splendi come vita“, di Maria Grazia Calandrone, poetessa, scrittrice, drammaturga e conduttrice radiofonica per Radio3. Il libro è nella dozzina dei candidati al Premio Strega.
La trama
Anno 1965. Una bambina di otto mesi viene trovata nel parco di Villa Borghese. I suoi genitori sono sposati con altre persone e, malgrado un grande coraggio li abbia spinti a fuggire lontano per vivere il loro amore, in un epoca in cui il divorzio non è consentito, sentono di non riuscire a sostenere la situazione. Decidono, quindi, di gettarsi nelle acque del Tevere, dopo aver abbandonato la figlia.
La piccola Maria Grazia viene adottata da una professoressa di lettere, Consolazione, e da Giacomo, dirigente del Partito Comunista e deputato del Parlamento. Insieme a loro, la bambina vive con serenità la sua primissima infanzia. Si sente amata dalla nuova madre colta e brillante, fino al giorno in cui la donna legge sul giornale la notizia del suicidio di una ragazza, a seguito della scoperta di essere stata adottata, e decide quindi di raccontare a Maria Grazia la verità sulle sue origini.
Nonostante la bambina reagisca alla rivelazione con serenità, il loro tenero rapporto viene incrinato da un’insanabile frattura. Consolazione sente di non potersi più fidare dell’amore della figlia e, con il tempo, manifesterà i segni di un impietoso disturbo che l’accompagnerà per tutta la vita. Durante la sua giovinezza, Maria Grazia dovrà barcamenarsi tra il desiderio di proteggere e compiacere una madre fragile e smisuratamente amata e l’esigenza di affermarsi come persona, contando soltanto sulle proprie forze. Maria Grazia Calandrone, intanto grazie per avermi dato l’opportunità di poterla intervistare e di parlare con lei del suo romanzo.
Il giusto tono
Sono passati molti anni da quando sono accaduti i fatti da lei narrati in questo libro: come mai ha aspettato tanto tempo per raccontare questa storia?
Perché non trovavo la lingua per dirla, le parole giuste e, soprattutto, il tono giusto. Non volevo rischiare di cadere nella fredda cronaca o, al contrario, suscitare pietà. Per chi scrive poesie come me, il tono e la lingua hanno un peso specifico molto elevato.
Malgrado il susseguirsi di eventi tragici ed esperienze difficili, nel suo racconto non si trova traccia di autocommiserazione né di rabbia. Colpisce, invece, la grande tenerezza con la quale le sue parole accarezzano tutti i protagonisti di questa storia. Questo suo atteggiamento ha origine dal compimento di un percorso di accettazione oppure è frutto di una propensione naturale a valorizzare gli aspetti positivi della vita?
Tutte e due le cose. Istintivamente, sono un’ottimista: mi piace la vita e mi piacciono le persone. Nella descrizione di uno degli articoli che parlano del mio ritrovamento, lo stesso giornalista si stupisce nell’aver trovato una bambina sempre sorridente. Benché a otto mesi non sapessi nulla della vita e della morte, avevo visto mia madre sparire da un momento all’altro, ma la cosa non sembrava avermi tolto il sorriso. Piuttosto che appuntare la mia attenzione su fatti negativi, mi è convenuto dare spazio alla parte di me più solare e vitale: si tratta di un’inclinazione naturale che mi è convenuto assecondare. Sono infinitamente più felice di provare questi sentimenti, piuttosto che arrovellarmi nella rabbia e nella rivalsa.
Una narrazione archetipica
Com’è stato analizzare le personalità di Lucia e Consolazione in quanto donne, prima che madri?
È stato un dono. Istintivamente, noi pensiamo a tutte le persone – in particolar modo ai genitori, nei confronti dei quali ci sentiamo sempre “piccoli”- incapsulate dentro ai ruoli che noi attribuiamo loro. Scoprire l’essere umano nella persona – che sia essa un genitore, un figlio, un marito, una moglie, un amante – significa liberarla dal ruolo; spaccare la custodia e arrivare al caldo, al nucleo della sua reale identità.
Da molti anni lei lavora come volontaria in progetti con i detenuti del carcere, con lo scopo di aiutarli, attraverso la poesia, ad affrontare la restrizione e a entrare in contatto con loro stessi. Crede che anche questo romanzo possa fornire una traccia che guidi i lettori che ne sentono il bisogno nell’elaborazione del proprio passato?
Sì, ho pensato a questo libro esattamente così. Non mi importava nulla di raccontare i fatti miei: mi interessava trovare il modo di rendere la mia storia archetipica, affinché potesse diventare la storia di tutti. E ci sono riuscita: mi arrivano dai venti ai quaranta messaggi al giorno di persone che hanno letto il libro. Mi dicono che nelle mie parole hanno trovato una chiave di lettura agli eventi della loro vita. Sono tantissime le madri adottive che mi hanno contattata, chiedendomi lumi sulla gestione del rapporto con i propri figli. Io sono davvero molto felice di offrire loro la mia esperienza e di dire la mia impressione su ciò che mi raccontano. Condividere è lo scopo primo della mia scrittura.
Il percorso verso l’armonia
Pensa che la ricerca di un rapporto con un personaggio famoso come Ornella Muti, l’ingresso in Scientology e il desiderio, poi sfumato, di prendere i voti siano riconducibili a una ricerca di riferimenti di cui allora si sentiva sprovvista? Quanto e come queste esperienze hanno influenzato la sua vita di adulta?
Sicuramente io sono un’inquieta: la realtà, anche se mi piace molto, non mi basta. Da ragazza ero alla continua ricerca di un’armonia e di qualcosa che mi potesse fornire delle spiegazioni. Per fortuna, il passare del tempo mi ha fatto dono di una certa leggerezza: a un certo punto, ho smesso di farmi delle domande, perché ho capito che non ci è dato comprendere tutto questo caos e questa casualità che è la vita. Senz’altro le mie ricerche sono state le tappe di un percorso che mi ha fatto approdare alla poesia, che rappresenta una chiave di lettura del mondo più libera e divertente della religione.
Nel libro uno dei personaggi che l’ha sostenuta e aiutata con la sua vicinanza a superare le difficoltà è la nonna. Vuole raccontare qualcosa di questa donna, che, pur essendo una figura più marginale nella narrazione rispetto alla mamma, ha rappresentato una vera ancora di salvezza per lei?
Durante i primi anni della mia vita, nonna è stata la mia compagna di giochi. Non è stata una figura materna e protettiva ma il suo intervento, ad un certo punto, però, è stato decisivo. C’è stato un vero e proprio passaggio di testimone tra lei e mia madre, quando quest’ultima ha accusato dei cedimenti. Allora nonna è diventata il capo saldo della mia vita, una casa accogliente, una forza salvifica. Ho omesso volontariamente molti particolari del nostro rapporto: faccio solo cenno al fatto che l’ho rimeritata di tutto ciò che mi ha donato.
La musica e la pittura
Alcune delle più famose canzoni italiane e straniere degli anni Settanta e Ottanta ci accompagnano lungo la lettura di “Splendi come vita”, come una vera e propria colonna sonora. Che ruolo ha avuto la musica nella sua esistenza?
Prima di tutto, voglio raccontare un episodio buffo: ho appena registrato l’audiolibro di “Splendi come vita” e, invece di inserire i brani delle canzoni che cito, ho deciso di cantarli; mi sono divertita un sacco! Questo per spiegare che intendo il libro come una vera e propria prosa musicale. La musica è un aspetto fondamentale della mia esistenza. Le prime poesie che ho scritto sono nate ascoltando musica, quindi queste due voci si sono fuse, per forza di cose. Ho deciso di citare alcune canzoni che fanno ormai parte della vita di tutti – non solo della mia giovinezza – per evocare nel lettore la propria memoria. Ricordare questo repertorio fa sì che la mia storia diventi anche la storia di ogni lettore.
Molti dei suoi disegni giovanili sono stati inseriti nel libro. Che cosa rappresenta per lei l’arte visiva?
Durante la mia giovinezza dipingevo e disegnavo moltissimo. Ho conservato tutti i miei quadri, e gli amici spesso mi esortano a ricominciare. Quando mamma è diventata cieca, ho smesso di disegnare, perché la persona a cui erano dedicate le mie opere non poteva più vederle. Ho cominciato così a scrivere poesie, anche se mi vergognavo tantissimo a leggergliele, perché molto spesso lei mi canzonava, quando lo facevo.
Un’inaspettata candidatura
Come ha accolto la notizia della sua candidatura al Premio Strega?
Si è trattato di una sorpresa assoluta, sia per me che per la casa editrice “Ponte alle Grazie”, che si è ritrovata con due libri in lizza. Tra l’altro, “Splendi come vita” è uscito il 28 gennaio, e il 22 marzo è stata annunciata la dozzina dei candidati. Siamo rimasti tutti a bocca aperta!
Per approfondire la conoscenza di Mara Grazia Calandrone e del suo ultimo romanzo, è possibile visitare il sito www.mariagraziacalandrone.it
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Clara Zennaro