L’intelligenza artificiale, AI, è destinata a soppiantare la figura del copywriter? Il dubbio è lecito: tra le mille azioni che si esercitano ogni giorno, ci si affida sempre più alle AI. Prima di tutto, però, occorre specificare cosa fa un copywriter. Il copy è il professionista che si occupa di scrivere contenuti persuasivi con lo scopo di indurre in chi legge una determinata azione.
Intelligenza artificiale, copywriter e idee
Problemi nel tradurre una lingua straniera? Ecco che arriva Google Translate! Più che una minaccia verso i traduttori professionisti, è un modo di andare incontro al povero Mario Rossi che, in Inghilterra, non riesce a ordinare un panino. Lo spauracchio dell’Artificial Intelligence che fa perdere il posto a milioni di persone non spaventa più. Questo perché i tempi in cui le macchine venivano viste come nemiche del lavoro è ormai passato.
Intelligenza artificiale e copywriter sono una squadra. Dove si ferma la prima, subentra il secondo. La principale capacità del software dell’AI è quella di riuscire a “pensare” come un essere umano. E qui sta la prima ovvietà: l’intelligenza artificiale imita, in qualche modo, ciò che l’uomo – in questo caso il copywriter – sa già fare. Si muove analizzando algoritmi, informazioni e contenuti che il professionista le mette a disposizione. Perché – e qui sta la seconda ovvietà – il materiale su cui agisce è creato dall’uomo. La macchina non è in grado di inventare nulla, almeno non ancora.
Una cooperazione costruttiva
Il ruolo dell’intelligenza artificiale può essere di grande aiuto al copywriter, grazie all’analisi dei contenuti dei testi e i consigli su come migliorarli. Può anche creare contenuti partendo da zero, effettuare statistiche e produrre immagini sofisticate.
La tecnologia è stata creata per aiutare l’uomo nelle pratiche lavorative, non per sostituirlo: basti pensare a Bella-Bot, il primo robot cameriere d’Italia. Certamente è utile per fare i lavori più tecnici ma di sicuro non in grado di rimpiazzare la professionalità di uno chef de rang! Un altro esempio riguarda le app che leggono le fiabe della buona notte. La macchina è un surrogato dell’uomo, e in quanto tale non può ambire a sostituirne l’empatia, la sensibilità o la genialità creativa.
AI e mondo dell’editoria
La capacità di un sistema tecnologico di svolgere attività e compiti tipici della mente e delle abilità umane comprende anche la scrittura di libri. Fino a poco tempo fa, se si aveva una buona idea di romanzo e l’intenzione di scriverla, vi erano due opzioni: scriverla di proprio pugno e provare a pubblicarla o affidare la storia alla professionalità di un ghostwriter.
Oggi si può provare a sperimentare una terza opzione, incaricando il GPT-3. Questo software, secondo gli sviluppatori, “può generare articoli giornalistici che lettori umani faticano a distinguere da quelli scritti da esseri umani” raggiungendo risultati invidiabili. Si potrebbe quindi passare dalla scrittura di articoli a quella di racconti, e in seguito di interi libri? Al momento restano delle barriere insormontabili, per l’IA GPT-3, e riguardano la reale comprensione del senso delle parole. Non una cosa da poco!
A prescindere dall’effettiva deduzione di un senso logico, o dall’individuazione di un soggetto all’interno della frase, c’è da chiedersi quale sarebbe il risultato di un tale esperimento. La sensibilità, l’ironia e la capacità di infondere emozioni appartiene ancora gli scrittori, quelli veri.