La realtà dell’intelligenza artificiale per insegnare a scuola è poco conosciuta. Eppure la nostra vita è sempre più digitale. Basti pensare a realtà aumentata, vr headset, social media, ologrammi. Anche a scuola le lavagne digitali non sono più delle perfette sconosciute. Gli istituti più abbienti, infatti, le preferiscono a quelle in ardesia. E se venissero sostituiti anche gli insegnanti? Per esempio, con gli Avateacher.
Intelligenza artificiale per insegnare – Non è fantascienza
Avateacher è un nome-etichetta che descrive soluzioni diverse per insegnare attraverso l’intelligenza artificiale e la realtà virtuale. In particolare, “Avateacher” sta per “insegnante avatar“. È un avatar digitale che sostituisce il docente. Questi avatar sono fotorealistici e riproducono in ogni dettaglio il loro gemello reale. Un esempio sono quelli prodotti da IGOODI, la prima avatar factory italiana.
Un’altro buon esempio è Will, adottato in Australia. Un avatar che spiega ai bambini delle elementari le energie rinnovabili. Will è nient’altro che la ricostruzione digitale (volto e voce) di una persona in carne e ossa. I bambini interagiscono con lui su schermo, un po’ come farebbero con una qualsiasi lezione a distanza. Il livello di interazione è molto buono, nel senso che i bambini chiaramente apprezzano il realismo e la familiarità che l’Avateacher offre. Ma bastano pochi secondi per capire che non si tratta di una persona vera. La mimica facciale va leggermente a scatti e i movimenti della testa sono molto rigidi. Nonostante tutto, i bambini ne restano affascinati e ascoltano con attenzione ciò che dice, impazienti di apprendere e di rispondere alle sue domande. Lo preferiscono a Siri, proprio perché avendo un volto con cui parlare, hanno l’impressione che Will sia veramente lì con loro.
Ha senso digitalizzare l’insegnamento tramite avatar virtuali? Dubbi e limiti
Usare un’intelligenza artificiale per insegnare a scuola suona davvero strano. Da che mondo è mondo, l’insegnamento migliore ha sempre luogo quando c’è un buon feeling tra docente e discente. Nel senso che imparare funziona soprattutto quando lo studente rispetta e/o ammira l’insegnante. Questo avviene solo e soltanto se l’insegnante, oltre ad essere competente, è in grado di suscitare interesse e passione verso la propria materia (e/o la propria persona). Un misto di amore per il proprio lavoro e di carisma.
Per quanto riguarda la conoscenza, in teoria le intelligenze artificiali dovrebbero giocarsela alla pari con un insegnante in carne ed ossa. Ma hanno carisma e scioltezza? Un insegnamento di qualità parte anche da una buona interazione sociale. Che è poi il motivo per cui le lezioni dal vivo piacciono più di quelle a distanza. Quanto si può essere gratificante interagire con un software, con un algoritmo a forma di volto parlante? La riduzione della socialità durante la pandemia ha già compromesso il benessere mentale delle persone, in particolare quello dei più giovani, che hanno bisogno (anche) di una scuola vis a vis per costruire la propria identità.
Inoltre, l’insegnamento attraverso intelligenza artificiale presenta limiti strutturali. Per esempio, l’essere legato a una tecnologia che prevede uno schermo e un collegamento a una rete elettrica. In teoria, basterebbe una caduta a terra oppure un black-out per interrompere una lezione. È noto, invece, che gli insegnanti in carne ed ossa non si spengono e non si rompono.
Intelligenza artificiale per insegnare a scuola – È il futuro oppure è meglio di niente?
Insegnare con le intelligenze artificiali presenta anche alcuni lati positivi. Un supplente digitale potrebbe essere un buon supporto per l’insegnante “umano” e aiutare gli studenti a ripetere i concetti fondamentali di ogni lezione. Nonostante resti una interazione digitale, potrebbe risultare più immediata e rapida del consultare il libro. Ripetere in questo modo potrebbe persino rivelarsi più efficace del previsto. La memoria auditiva, infatti, è più forte di quella visiva. È uno dei motivi per cui le certe persone preferiscono i podcast oppure gli audiolibri anziché leggere.
Senza contare che gli Avateacher potrebbero effettivamente aiutare quei paesi in cui c’è grande penuria di insegnanti. Sono più economici di questi ultimi, ma possiedono lo stesso un certo grado di adattabilità alle esigenze degli studenti. Quindi non andrebbero scartati a priori.
Negli ultimi tempi l’impiego del digitale a scopi educativi e lavorativi è molto aumentato. Persino in un settore tradizionalista come quello della scuola e dell’università, le lezioni a distanza sono un prassi quasi ovunque. Anche gli avatar virtuali sono un dato di fatto. È presto per dire che gli Avateacher sostituiranno del tutto gli insegnanti “classici”, ma è certo che il futuro della scuola (così come quello dell’intera società) si farà sempre più virtuale. Che ci piaccia oppure no.
