Un ritratto che è come uno specchio dell’anima, un patto con il diavolo e un protagonista giovane, bello e dissoluto: una ricetta di successo. Al libro più famoso di Oscar Wilde non manca davvero nulla.
Bello senz’anima, come nei versi di una famosa canzone italiana, Dorian Gray incarna la perfezione fittizia dell’apparenza
Nella Londra vittoriana del XIX secolo si diffonde a macchia d’olio il dandismo, un pensiero frivolo e modaiolo, legato all’apparenza e all’individualismo. Il racconto di Oscar Wilde si inserisce in questo momento storico e narra le gesta di un giovane uomo, desideroso di mantenere lo status quo della sua giovinezza.
Il ritratto di Dorian Gray
Dorian Gray inizia a fissare con invidia il suo ritratto, realizzato dal pittore Basil Hallward. Esso si mantiene immutabile, non risente dell’età o delle gozzoviglie alle quali Dorian non riesce a rinunciare. Dal desiderio di ottenere la stessa imperturbabilità del dipinto nasce un folle progetto: un patto con il diavolo. La bellezza e un aspetto eternamente impeccabile in cambio della propria anima. Il volto nel quadro, di contro, inizia a subire le ingiurie del tempo e delle azioni compiute dal suo alter ego. Inizialmente la situazione diverte ed esalta il giovane, che sentendosi imbattibile perde ogni freno inibitore, fino alle estreme conseguenze.
Le cause, le colpe e una possibile redenzione
La necessità del protagonista di rimanere per sempre giovane e bello è dettata da una società che non ammette debolezze. Perfino le piccole difformità dal canone estetico tradizionale vengono mal tollerate. Sembra un’esagerazione? Forse lo è. Ma è ciò che spinge molte persone a mettersi nelle mani di un chirurgo estetico, oppure a sfinirsi in palestra oltre ogni ragionevole limite, a smettere di mangiare, a indossare scomodissimi tacchi o cravatte soffocanti, a tingersi i capelli, a fare lampade abbronzanti.
O a fare un patto con il diavolo.
Il ritratto di Dorian Gray di Oscar Wilde è una disamina spietata di questo meccanismo e di come esso influisce sull’animo umano, facendo leva su debolezze e insicurezze, arrivando a prevaricare la ragione.
Non esiste però un solo modo di reagire a queste lusinghe. Mi chiedo allora quanta colpa sia davvero da attribuire alla società e quanta invece al narcisismo o alla nostra necessità di sentirci apprezzati, anche a costo di perdere noi stessi. L’opinione pubblica e il sentimento comune sono cose che ci appartengono, così come i canoni estetici: forse Dorian Gray, con i suoi errori, può ancora indicarci una nuova via.