Il richiamo del dirupo è il romanzo di Micol Mei pubblicato da Miraggi Edizioni. Protagonista silente è il Pallido Rifugio, casa vittoriana costruita su una scogliera e protesa verso l’oceano. Un annuncio, pubblicato sul giornale da Felice Hernandez, misterioso proprietario dell’immobile, apre le porte della sfarzosa dimora a quattro persone diverse ma accomunate dalla voglia di estraniarsi dal mondo. In cambio della loro permanenza, viene chiesto agli inquilini di compilare un diario del loro soggiorno.
Chi sono le anime che popolano Il richiamo del dirupo?
A dispetto della sospensione su cui sembrano fluttuare le fondamenta del Pallido Rifugio, il cui colore chiaro contribuisce a dare un’impressione di leggerezza e sì, anche di libertà, gli individui che accettano di viverci sono ben sottomessi a ogni legge di gravità che li tiene ancorati alla Terra e al dolore. C’è Beniamina, ex tennista con un segreto da metabolizzare; Egon, giovane scultore alle prese con la perdita; Mila, una madre ignara delle sorti di sua figlia e Udri, un giovane emarginato per via della sua pelle, blu a causa di una malattia.
Tutti loro non sono in fuga, bensì solo di passaggio: non hanno bisogno di scappare ma di ricaricarsi in un limbo silenzioso, il momento sottile tra il prima e il dopo. Permanere nella casa dell’enigmatico Felice Hernandez è un po’ come il respiro profondo prima della ripartenza, quello in cui si tirano le somme di una vita intera.
Il Pallido Rifugio, un protagonista silenzioso
Si può dire, in effetti, che Il richiamo del dirupo sia un libro che parla del tirare le somme. Il tutto succede in uno spazio che, facendosi teatro per quel momento sottile, è quasi un non-luogo, un buco nero che strizza l’occhio ora ai libri del mistero, ora alla fantascienza. Anche il tempo, ne Il richiamo del dirupo, segue quasi delle leggi tutte sue: ora corre, ora se la prende comoda. Getta nello scompiglio inquilini e lettori, fino all’inesorabile finale.
Echi
Unite a un proprietario che quasi nessuno ha visto in faccia, quattro anime sconosciute e una casa in mezzo al niente in cui si verificano strani episodi sembrano gli ingredienti per un racconto di Halloween. È facile evocare scenari come La casa dei mille corpi o anche solo L’incubo di Hill House, forse perché l’esperienza – tanto televisiva quanto letteraria – ci insegna che, se una casa è vuota, lo è per un ottimo motivo. Tuttavia, e forse questo potrà strapparti un sorriso, seppur affrontando temi di un’intimità che buca la pagina, in alcuni frangenti è possibile rivedere la cupa leggerezza di Una serie di sfortunati eventi. Ciò che non ha eco è la voce dell’autrice, netta e percepibile, chiara come una firma.
Di case misteriose e luoghi al di là del senso comune si è parlato e ne si parlerà ancora. Intanto, pensa: le domande che si possono formulare in quattro mura sono pressoché infinite; se ne avessi la possibilità, cosa indagheresti riguardo il tuo io profondo?