21 aprile 2023, con Eid al-Fitr, la festa dell’interruzione, termina il mese di Ramadan, in cui i praticanti della fede islamica osservano il digiuno durante le ore del giorno.
Al mondo occidentale, decisamente abituato ad avere le mani laddove ha gli occhi, un esempio di costanza e fede come il Ramadan potrà, in alcuni casi, sembrare bizzarro. Tuttavia, il digiuno osservato dai musulmani ha radici profonde ed è un elemento culturale e di coesione sociale forte. Ecco perché.
Ramadan cos’è e chi lo fa
In base all’osservazione della luna, quello di Ramadan è un mese di 29 o 30 giorni, il nono del calendario islamico e anche il più felice di tutti, perché si tratta di quello in cui Maometto ha ricevuto la prima rivelazione del Corano.
Proprio perché non si parla di osservare il ciclo lunare, il mese di Ramadan retrocede ogni anno di circa una decina di giorni, ed è dunque variabile. Quello del 2023 è iniziato il 23 marzo e termina, appunto, il 21 aprile.
Durante il mese di Ramadan è uso osservare sia lo Sawm il digiuno dall’alba al tramonto, che le preghiere. Ciò che anche e soprattutto si deve praticare durante il mese di Ramadan è la carità, la gentilezza. Questo, infatti, è un mese di contemplazione e di preghiera, non c’è spazio per il malanimo.
A praticare il Ramadan sono persone adulte in salute: esentati anziani e bambini, donne in stato di gravidanza o allattamento e, per alcuni giorni, le donne durante il loro periodo mestruale.
Dal Ramadan all’uso spirituale del digiuno
Se stai pensando che praticare il digiuno sia qualcosa di lontano dalla cultura occidentale, come forse la circoncisione, forse è arrivato il momento di ricrederti e fare un passo indietro.
In realtà, la pratica del digiuno ha radici molto, molto profonde, e questo non soltanto nella cultura pre-islamica ma proprio in quella dell’altro lato del globo. Antichi Greci e Romani erano soliti purificarsi spiritualmente tramite digiuno, e questo per avere un contatto più puro con gli dei durante la pratica di alcuni rituali.
Anche il Cristianesimo prevede dei giorni di digiuno. D’altro canto, la Pasqua è appena passata e forse, negli ultimi tempi si è persa l’abitudine di osservare il digiuno il Mercoledì delle Ceneri e il Venerdì Santo. Lo stesso Gesù osservò 40 giorni di digiuno quando attraversò il deserto.
Ciò che spesso può confondere e che forse, a volte, digiunare viene associato a un’idea di privazione materiale piuttosto che di arricchimento spirituale. Forse, più semplicemente, si tratta solo di dover rispettare il momento in cui a doversi cibare è l’anima e non il corpo.