Il 24 marzo 1926 nasceva Dario Fo, uno degli artisti italiani più controversi del Novecento
Il nome di Dario Fo è da sempre legato indissolubilmente a quello della moglie Franca Rame, compagna nella vita e nel lavoro. Un lunghissimo sodalizio che ha regalato a loro anni felici e al pubblico perle di impareggiabile valore artistico.
Nato nella provincia di Varese in una famiglia tradizionalmente antifascista, il giovane Dario Fo si trasferisce a Milano per studiare all’Accademia delle Belle Arti. Il suo apprendistato è fatto di improvvisazioni teatrali sotto forma di farsa o di satira, elementi che saranno sempre presenti nei suoi lavori futuri.
La Rai, la censura e l’esilo
Nel 1952 inizia a collaborare con la Rai, scrivendo e interpretando i monologhi per la radio del Poer nano. Negli anni successivi escono Il dito nell’occhio e Sani da legare: la forte satira sociale e politica risveglia la censura, in quegli anni molto severa, che inizia a seguirlo con attenzione.
Dal teatro al cinema il passo è breve e in pochi anni la coppia si afferma anche in questo settore.
Nel 1962 Dario Fo presenta a Canzonissima un pezzo irriverente di denuncia sulla scarsa sicurezza dei cantieri edili:
IMPIEGATO: Ecco il preventivo delle strutture di protezione per gli operai. Sono sei milioni compresa la rete. Facciamo l’ordinazione?
INGEGNERE: L’ordinazione di sei milioni, ma dico siamo rinscemiti. Ma come io sto qui che ho una faccia un po’ giù che avrei bisogno di riposarmi per far funzionare ’sta baracca… e tu mi vuoi far buttar via sei milioni. Per chi poi? Ma dico, da quando in qua si usano i poggiamano, le balaustre?
IMPIEGATO: Ma veramente le altre imprese…
INGEGNERE: Le altre imprese, le altre imprese. Basta con ’ste ciance.
IMPIEGATO: Allora non se ne fa niente… nemmeno della rete?
INGEGNERE: La rete? Ma uè, e che, siamo al circo equestre… con la rete e senza rete? Ma cosa vuoi che ci metta, anche la banda, il trapezio e le ballerine sul filo? Così, tanto per fare un po’ di scena? Ma basta, andiamo! Siamo seri.
RAGAZZA: Antonio io sono ancora qui.
INGEGNERE: Bel stellin… Guarda lei. Scusa di prima sai… ma ecco è stato un momento di debolezza. Ma adesso guardami, sono ritornato un uomo. Vieni vieni che ti porto dal ciafferaio.
RAGAZZA: Da chi?
INGEGNERE: Dal gioielliere a riprenderti un bell’anellino e che crepi la miseria… per la miseria.
RAGAZZA: Oh caro!
INGEGNERE: Ehi, fai avvertire gli operai che il primo che casca gli spacco il muso.
Il testo oggi ci fa sorridere, ma allora provocò una violenta reazione della censura che lo condannò ad un lunghissimo esilio da ogni canale televisivo. Questo fatto, più unico che raro nel nostro Paese, rese ancor più determinata la coppia di artisti nella loro missione di denuncia sociale, che da quel momento portarono avanti nei teatri.
Il Mistero buffo
La stagione teatrale 1969/70 vede comparire sulle scena quella che è forse l’opera più famosa di Dario Fo: Mistero Buffo. Tutto il testo è impostato per suscitare echi medievali in un linguaggio popolare nato dai dialetti padani mescolati a neologismi e termini antichi. Nasce così il Grammelot, un linguaggio completamente nuovo, perfettamente comprensibile ma che non assomiglia a nessuna lingua parlata. Come ogni dialetto ha la mirabile capacità di descrivere in modo colorito ogni concetto.
Nel 1997 pubblica con Einaudi Manuale minimo dell’attore, che si rivolge agli addetti ai lavori tanto quanto agli spettatori che desiderano conoscere meglio il mondo del teatro.
Il premio Nobel
La sua capacità di denunciare abusi e ingiustizie della società con un’ilarità dal retrogusto amaro lo ha portato nel 1997 a riceve il premio Nobel per la letteratura: “per aver emulato i giullari del Medio Evo, flagellando l’autorità e sostenendo la dignità degli oppressi”. Non essendo un letterato in senso stretto, l’assegnazione del premio ha suscitato non poche polemiche, come del resto era sempre successo nella vita di Dario Fo.
Il talento, coltivato continuamente, unito alla fedeltà per la sua linea morale ha creato un personaggio unico, che rimarrà sempre un esempio di riferimento.