Un nucleo di idee originali e interessanti, ma un po’ troppo protagoniste a scapito della storia. Andrea Bajani compie con Il libro delle case (ed. Feltrinelli) un’operazione certosina, studiata, che regala momenti di lettura intensa. Eppure…
Le fondamenta della casa
La prima idea di Andrea Bajani per questo libro: raccontare l’identità di una persona a partire dagli spazi che quella persona ha vissuto, “case” in senso letterale ma anche metaforico, come un’automobile o l’utero materno. La seconda: distribuire queste descrizioni in ordine sparso, saltando da un anno all’altro e da una casa all’altra, per mostrare gli eventi che vi si svolgono. La terza: non usare nomi propri per i personaggi bensì, stabilito che il protagonista verrà chiamato “Io”, denominare gli altri sulla base della loro relazione con Io. Diventano quindi Padre, Sorella, Donna con la fede, Nonno mai esistito, Moglie con Bambina eccetera. La quarta: creare un legame, non diretto ma comunque significativo, tra la vita di Io e due importanti eventi di cronaca accaduti negli anni Settanta, quando Io era piccolo.
Il tavolo è lo stesso di quando Padre per la prima volta ha portato Nonna da Parenti. A quei tempi Io non esisteva ancora, e Sorella era solo tre conati nello stomaco di Madre. Al terzo conato, deflagrato in un getto a spruzzo e occhi spalancati, era stata la certezza della gravidanza. Da cui alcuni giorni di silenzio concordato e la visita con Nonna da Parenti.
Andrea Bajani, “Il libro delle case”, p. 73

La tartaruga
La quinta idea (sì, c’è anche la quinta): inserire in tutto questo la metafora insistente della Tartaruga, che compare non solo come animaletto esotico da compagnia, ma anche come metafora, appunto, di una casa che non si abbandona mai. Come un rifugio perenne dal quale fare capolino e in cui poi ritirarsi alla ricerca di sicurezza. Tutto il contrario del protagonista che è un eterno nomade, cerca radici ma in realtà non ne trova. Si sposta da una casa all’altra nel ruolo di abitante o di ospite, urtando come una pallina da flipper i vari Madre, Nonna, Sorella, Poeta, Moglie, Prigioniero.
Andrea Bajani sceglie un lettore collaborativo
Una volta conoscevo una persona che, dei romanzi, apprezzava in modo particolare le descrizioni dei luoghi e tutto ciò che in generale aveva a che fare con lo spazio. Come i personaggi vi si muovevano, quali significati gli si attribuivano. Ne aveva fatto una vera e propria materia di studio, ci aveva scritto dei saggi. Non so se a questa persona il libro di Andrea Bajani sarebbe piaciuto, ma di certo lo avrebbe letto con attenzione minuziosa, memorizzando o appuntandosi le date che si rincorrono. Avrebbe partecipato in modo attivo al testo estrapolandone quella storia che, per un lettore meno focalizzato, risulta troppo frammentata.
Non che ci sia una storia complessa da seguire, c’è piuttosto un’identità di cui raccogliere pezzetti da incastrare come in un puzzle, e probabilmente il puzzle viene anche male perché Io è privo di solidità interiore, è un uomo frastagliato che per primo fatica ad assemblare i ricordi. L’unica chance è proprio quella di un lettore molto collaborativo, forse troppo: perché le idee sono belle e lo stile è ricercato, ma quel poco di storia che poteva esserci sfugge sempre, sfugge troppo.

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