È impossibile non conoscere “Il corvo”. Il poema di Edgar Allan Poe ha richiami in contesti talmente differenti che fa parte di quel patrimonio condiviso, quel mare magnum di conoscenze assodate che spesso neppure razionalizziamo, ma che ci sono e ci guidano
Il corvo, scritta a fine dell’anno precedente, fu pubblicata per la prima volta il 29 gennaio 1845 sul giornale New York Evening Mirror a firma ‘Quarles‘. Il poema incantò il pubblico per la sua ipnotica malia, e il mistero dell’autore anonimo influì sul repentino successo.
Poe, all’epoca, era ricevuto nella più scelta società letteraria di Nuova York, fra gli artisti e i letterati che frequentavano la dimora della celebre autrice Anna C. Linch, uno dei circoli culturali più esclusivi della città. In una di queste riunioni, a Poe fu chiesto di recitare proprio Il corvo: egli rese le strofe della febbre, dell’allucinazione, della disperazione in una maniera talmente partecipe che l’uditorio, elettrizzato, capì di avere di fronte l’autore di quei versi. La paternità del poema fu svelata e la fama del poeta salì piú alta che mai.
Di cosa parla Il corvo?
I versi ci raccontano di un uomo distrutto dal lutto per la sua Lenore e il rapace nero che gli ripeterà soltanto “Nevermore” (‘Mai più’). I veri protagonisti però sono la colpa e la perversione ovvero “l’umana sete di auto-tortura”, citando lo stesso Poe.
In altre parole le domande del derelitto e la sentenza inappellabile del corvo altro non sono che l’inesorabile e masochistico desiderio di ciascuno di distruggere eo ipso.
Di fronte a un lutto, le domande che ci poniamo sono sempre le stesse dalla notte dei tempi: perchè io sono sopravvissuto? Perché ho fatto del male a chi adesso piango? Perché ho voluto, anche una sola volta, che quella persona non fosse mai entrata nella mia vita? Perché preferirei scordare e non soffrire più, relegando nell’oblio chi ho amato, piuttosto che serbare ogni prezioso frammento di memoria?
Altra risposta non c’è, se non quella del corvo che arriva a ricordarci, con il suo definitivo “Nevermore”, che non possiamo essere assolti dalle colpe che ci auto-infliggiamo.

Perché parlo de Il corvo proprio in Crossover?
Perché The raven è stata il seme per altre opere, commistioni e sperimentazioni culturali. Quali? Ve ne elenco alcune, certa di scordarne molte.
Dal corvo di Poe sono nate le meravigliose incisioni di Gustave Dorè (ne vedere due sopra) e la versione tradotta in francese di Stéphane Mallarmé illustrata da Édouard Manet. Fu ripreso come titolo per una poesia di Paul Verlaine e fu la dichiarata ispirazione de L’assiuolo di Giovanni Pascoli. Portando con sè tutta la mia meraviglia, il corvo si specchia ne L’albatro che apre I fiori del male di Baudelaire.
Spaziando oltre, la poesia è citata in una puntata de La paura fa novanta de I Simpson.
Nel 1988, James O’Barr regala al mondo la sua interpretazione a fumetti del poema di Poe e, insieme, lega a esso la memoria di Ian Curtis, il cantante dei Joy Division impiccatosi all’età di 23 anni, dedicandogli il primo numero della sua serie.
Da quel fumetto nel 1994 esce The Crow, il film diretto da Alex Proyas che rese immortale Brandon Lee e altri due sequel e nel 1998 il soggetto è stato adattato anche per la serie televisiva The Crow: Stairway to Heaven.
“Un tempo la gente era convinta che quando qualcuno moriva, un corvo portava la sua anima nella terra dei morti. A volte però accadevano cose talmente orribili, tristi e dolorose, che l’anima non poteva riposare. Così a volte, ma solo a volte, il corvo riportava indietro l’anima, perché rimettesse le cose a posto.”
(da The Crow, 1994)

E ancora la musica… dai Beatles (basta guardare la copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band) a Lou Reed che intitola The raven il suo album in omaggio a Poe, fino all’Alan Parsons Project (che apre l’album Tales of Mystery and Immagination – Edgar Allan Poe del 1976, proprio con il brano The Raven), passando anche per artisti italiani come i Baustelle.
Anche la danza contemporanea lo omaggia con The Raven, uno spettacolo con coreografia e regia di Luca Veggetti su musiche di Toshio Hosokawa.
Infine lo sport. Una squadra di football americano, i Baltimora Ravens della National Footbal League, è stata così chiamata in onore di Poe che proprio a Baltimora morì e fu sepolto. I colori delle divise, la mascotte della squadra e il logo societario sono un chiaro tributo al nostro “Nevermore”.