Il corpo negato è un messaggio chiaro e potente sul diritto di riconoscersi ed essere riconosciuti. È la storia autobiografica di Dimitri che, condividendo se stesso e il percorso verso la propria identità, apre una finestra verso quel mondo complesso e delicato relativo alla transizione di genere.
Il corpo negato, un’intimità condivisa
Leggere Il corpo negato vuol dire imbattersi fin da subito in una riflessione riguardo l’intimità. Cos’è che è intimo? Un ricordo? Un’emozione? Una delusione? E quando c’è l’urgenza di cacciare fuori questa intimità, di condividerla, che vuol dire?
Tra le pagine che raccontano la vita di Dimitri, nato in un corpo sbagliato, c’è tutto il coraggio di chi condivide qualcosa di proprio a beneficio di molti. Ci vuole una grossa dose di forza per esporre il fianco in questo modo. Ci vuole coraggio per attingere al cuore come a un calamaio e tracciare sul foglio tutto ciò che, nella vita, ha fatto male.
Desiderio e azione
Un altro elemento che merita di essere approfondito è relativo alla potenza del desiderio, quella che dovrebbe tradursi in azione ma che, in un ambito complesso come quello dell’identità, si scontra potente con l’assunto che “ognuno è così come deve essere”.
No, non è vero, ognuno è chi sente di voler essere, ma questo è un concetto che spesso viene soffocato dal contesto sociale, dalle aspettative altrui, da un ruolo che spesso è affidato, non interiorizzato. Si nasce incasellati in una struttura poco elastica, che disorienta il desiderio prima che si trasformi in azione.
Questo disorientamento fa male viverlo, fa male leggerlo. Ma è un male necessario, perché solo conoscendo nel profondo ogni brutta emozione è possibile gioire con l’autore per i traguardi raggiunti.
Ciao, Dimitri. Il corpo negato racconta della tua esperienza in modo aperto, senza sconti. Qual è stata l’esigenza alla base del tuo percorso di scrittura?
Non c’è stata inizialmente una grande esigenza di divulgazione. Con il passare del tempo, però, notando la società retrograda in cui viviamo, ho sentito la necessità di dover scrivere la mia storia per sensibilizzare le persone, dai più piccoli ai più grandi, di dare delle informazioni veritiere che nessuno conosce. È stata un po’ dura ripercorrere il mio passato e i miei ricordi, ma l’ho fatto e mi ha fatto bene. L’ho fatto per me, l’ho fatto per quelli che stanno affrontando tante difficoltà. L’ho fatto per chi non è a conoscenza del mondo transessuale e che ha nozioni “sbagliate” attraverso telegiornali, programmi tv e giornali.
Quando si parla di disforia di genere e orientamento sessuale c’è sempre tanta confusione. Come hai affrontato l’argomento nel tuo libro?
Orientamento sessuale e disforia sono scollegate tra di loro. Ho cercato di spiegarmi nel modo più semplice possibile, in modo tale che le persone potessero capirne la differenza. Volevo una sintesi chiara e scorrevole, e se avessi utilizzato termini magari più pesanti, a livello di scrittura, non tutti avrebbero compreso. Quindi mi sono attenuto a semplicità e chiarezza, per non lasciare adito a dubbi.
Nel libro c’è un particolare accento alle dinamiche con il prossimo durante il percorso di transizione. Qual è stato per te il momento più delicato e come l’hai affrontato?
Di momenti delicati ce ne sono stati tanti e ripercorrerli non è mai semplice. Il primo tra tutti è quello in cui sai che ci sei ma non ci sei. Sei nel limbo tra il corpo femminile e quello maschile. Penso sia stato, quello, il periodo più bello e anche più straziante: sei a metà tra la gioia e l’agonia, ti vedi e non ti vedi.
Ciò che mi ha portato a essere lucido è stato l’equilibrio. Quello l’ho imparato nel corso della mia transizione e della vita, in generale – io, per natura, sono tutto tranne che equilibrato. Per me è sempre stato bianco o nero, bello o brutto, sinistra o destra. Non ho mai preso una via di mezzo e oggi non ti nego che la mia essenza è ancora così. In questi casi mi fermo, tolgo i paraocchi e apro la mente per vedere le cose in un modo che si discosta dal mio personale, ma che è più equilibrato e ragionevole, com’è giusto che sia. L’analisi che si fa dentro se stessi è difficile, ma bisogna imparare a farla.
Durante la stesura del testo ti sei avvalso del servizio letterario di mentoring di Other Souls. Com’è stato affidarsi ai consigli di un’altra persona per raccontare quella che è, ai fatti, la tua esperienza?
Un occhio esterno è quello che serve per chiudere il cerchio. Proprio perché tu sai come sei e conosci la tua storia, è necessaria una persona che ti entri dentro in tutto e per tutto e che riviva con te quello che è stato il tuo percorso. Affidarsi a un mentor letterario è come un imprinting: si crea subito una connessione tra le due menti, quella che si racconta e l’altra che vive il racconto con te. Non mi sono mai sentito a disagio perché sembrava che stessi parlando a me stesso, ho trovato chi ha saputo leggermi dentro.
In cosa ti è stato utile il percorso con il mentor letterario di Other Souls?
È stato utile sia a livello di conclusione del libro ma anche umanamente parlando. Penso abbia fatto bene a entrambi e ne è venuto fuori Il corpo negato.