Il buio è una selva oscura: nella notte tra il 7 e l’8 aprile di 723 anni fa ebbe inizio uno dei più grandi viaggi della letteratura mondiale. Proprio dalle tenebre nasce la Divina Commedia.
Perché il 7 aprile?
Dante Alighieri si perde nella Selva Oscura in questa data. Ma da cosa viene desunta? Dall’opera stessa. Nella celebre terzina Nel mezzo del cammin di nostra vita, il riferimento è all’età anagrafica del sommo poeta, nato a Firenze il 1° giugno 1265, sotto il segno zodiacale dei Gemelli: l’età media, allora, era di 70 anni, dunque la metà sono i 35.
Di conseguenza l’anno non può che essere il 1300.
E per quanto riguarda il giorno e il mese? Anche qui il riferimento è sempre nell’opera dantesca.
Nel II Canto del Purgatorio, Dante indica che il Giubileo è iniziato da tre mesi, il che significa che la storia si svolge tra fine marzo e inizio aprile.
Nel Canto XXI, il diavolo Malacoda spiega che il ponte che unisce due bolge è crollato il giorno della morte di Gesù a causa di un terremoto. La morte di Gesù risalirebbe al mezzogiorno del venerdì; nel momento in cui il diavolo parla, sono le 7.00 del mattino del giorno successivo, ovvero di sabato. Stando a quanto indicato dal poema, Dante Alighieri trascorre sette giorni nell’aldilà dopo essersi ‘perso nella selva oscura’ nella notte tra giovedì 7 e venerdì 8 aprile del 1300 (si parla anche di un “plenilunio”).
Dalla Selva Oscura inizia tutto
Il 7 aprile 1300 Dante si perse nella Selva Oscura ma l’incontro con Virgilio, maestro le cui opere hanno influenzato la letteratura e gli autori occidentali successivi, sarà cruciale. Un incontro emblematico, in quanto la poesia fornisce la chiave della salvezza, insieme al percorso suddiviso in tre cantiche, corrispondenti ai regni dell’aldilà.
Inferno, Purgatorio e Paradiso non sono solo l’espressione di un modello spirituale-religioso, ma anche il modo in cui si dispiega un viaggio che è politico, filosofico, psicologico. In altre parole, l’opera diventa lo specchio di un’esistenza che pone l’essere umano al centro di un divenire complesso, in bilico tra colpa e redenzione.
Il grande archetipo del viaggio
La Divina Commedia si configura come un grande viaggio denso di simbolismi, al contempo connessi alla realtà. L’esperienza del protagonista, Io poetico che si esprime attraverso le terzine, prende come riferimento l’Eneide del maestro e guida Virgilio; poi l’Odissea e l’Iliade di Omero. Opere di altre epoche ma accomunate da quel grande archetipo che è il viaggio.
Viaggio di eroi che per ritrovarsi, devono perdersi. Viaggi che nascono come grandi epopee e avventure fondative, configurandosi come modelli letterari e umani. Opere che raccontano il dispiegarsi degli eventi, in epoche in cui la “rivoluzione” della psicanalisi è lontana nel tempo. Ma resta nei moti umani, nelle insite debolezze che gli eroi esprimono, condizione da cui partono per reagire e affrontare le prove della vita. E così “uscimmo a rivedere le stelle”… dopo che Dante Alighieri si perse nella Selva oscura.
Perché leggere la Divina Commedia è ancora attuale?
Se il linguaggio e la struttura presentano le loro complicanze, obbligando a tenere a portata di mano il commento di critici che hanno dato fondamentali contributi alla comprensione dell’opera dantesca, d’altra parte non si può negare l’attualità della Divina Commedia.
Vizi, tic e manie qui rappresentate, appartengono ancora agli esseri umani. La materia è attuale, come avviene per i grandi classici. La Divina Commedia racconta di persone, del loro ruolo nel mondo, delle possibilità che la vita può dare.
Ma è anche una vicenda edificante: quando Dante entra nella Selva Oscura insegna ad affrontare i demoni e la realtà avendo il coraggio delle proprie idee. Idee (per il poeta, politiche) che hanno portato Dante all’esilio.
Dante Alighieri si è messo in gioco e non solo con i versi. Una lezione che fa incontrare l’arte e la letteratura, indicandoci come uscire dalla Selva Oscura.