Nato a Poggio Bustone, paese di collina in provincia di Rieti, Lucio Battisti è stato un cantautore tanto timido quanto consapevole delle sue capacità. «Un artista – disse una volta – non può camminare dietro il suo pubblico, un artista deve camminare davanti».
Nel 1964 Lucio compone con Roby Matano le sue prime canzoni, che confluiscono nel primo 45 giri, Per una lira. I produttori ritennero il suo viso di scarso impatto visivo e scelsero di non metterlo sulla copertina, preferendo ritrarre Battisti di spalle, a figura intera, abbracciato a una ragazza; sui due risaltava la riproduzione di una liretta, monetina assai rara già al tempo.
L’incontro di Lucio Battisti e Mogol: parole e musiche senza tempo
Nel 1965 Lucio Battisti incontra Mogol – Giulio Rapetti –, paroliere con il quale instaurerà un’intensa collaborazione.
Lontano dai circuiti dell’apparenza, della visibilità a tutti i costi, dall’esposizione mediatica, Battisti ha sempre raggiunto il suo pubblico con la forza della sua arte, dei suoi testi, della sua musica a volte orecchiabile ma mai banale.
I testi dei suoi brani più conosciuti sono considerati poesie a pieno diritto, e raccontano storie di passione e di tradimenti, di incomprensioni e di sofferenze, con un linguaggio semplice scevro di espedienti narrativi artificiosi.
I testi si fanno via via più ermetici e surreali negli album della maturità, come quelli contenuti in L’apparenza (1988) o Hegel (1994).
Un successo dopo l’altro, con relative traduzioni dei brani, ha fatto sì che il suo volto senza appeal e il suo look diventassero con il tempo emblema di stile. I suoi capelli ricci e la sua espressione timida sono diventati i tratti salienti del cantautore laziale.
La critica di Lucio Battisti alla piccole realtà di provincia e all’omologazione sociale
Ma di Battisti, oltre a Dieci ragazze e a Il mio canto libero, c’è molto altro da scoprire.
Alcuni suoi testi risultano di un’attualità disarmante. Uno tra i tanti è quello di Le allettanti promesse, tratto dal suo ottavo album, pubblicato nel settembre 1973, dal titolo Il nostro caro angelo.
Perché tu non vieni insieme a noi
In paese fra la gente insieme a noi
In quella cascina così solo cosa fai
La domenica la messa finalmente sentirai
No non mi va preferisco restare qui
Ho la vacca ed il maiale non li posso abbandonar così
Pompar l’acqua dal canale poco fieno nel fienile troppo da fare
Prepararmi da mangiare un’occhiata sempre all’orto
Quando è sera stracco morto mi diverto solamente a dormire
Sì ma non è vita questa qua
Se ti compri il vestito della festa
Chissà potresti anche far girar la testa
E se poi non ci riesci
Appena fuori dal paese c’è la giostra
No non mi va preferisco restare qua
Io in paese ci ho vissuto già qualche mese
Se di notte fai un passo con la lingua
Che è un coltello ti tagliano gli abiti addosso
E se parli a una ragazza che è già stata fidanzata
Loro ti mettono due timbri: ruffiano e prostituta
E se qualcuno non difende i suoi interessi con le unghie e con i denti
È degradato ad ultimo dei fessi per non dire degli impotenti.
La scelta di tutelare la sua privacy e di non sovraesporsi ha segnato tutta la sua carriera. Di Battisti sono arrivate le canzoni, non il personaggio. Sono arrivate sempre le riflessioni e le note, non i pettegolezzi sulla sua vita privata. E di artisti come Lucio Battisti c’è tanto bisogno, oggi come ieri, perché l’apparenza acceca e diverte ma ad arricchire l’animo è l’essenza dell’arte.