Era il 1558 quando, per opera della Congregazione della sacra romana e universale Inquisizione, venne creato l’elenco dei libri banditi
L’indice dei libri proibiti – ovvero l’elenco ufficiale delle pubblicazioni ritenute contrarie ai principi della dottrina e della morale cattolica, opere ritenute perciò “scandalose, pericolose o eretiche” – fu pubblicato per la prima volta nel 1558 per decreto del pontefice Paolo IV dal tribunale ecclesiastico del Sant’Uffizio. L’Index librorum prohibitorum verrà aggiornato continuamente fino alla sua abolizione, avvenuta il 4 febbraio del 1966.
Quattrocento anni di censura e controllo sulla cultura
Sembra assurdo che si sia dovuto attendere così tanto, eppure l’indice dei libri messi al bando è rimasto valido per oltre quattrocento anni. Lo scopo di tale strumento era quello di controllare tutta la produzione scritta dell’epoca, non soltanto in ambito religioso, ma anche quello di impedire alle persone di acquisire coscienza piena della loro esistenza. Non a caso, detenere “scientemente” libri proibiti era una delle condizioni perché il peccato potesse diventare un delitto contro la fede.
I libri scritti in volgare rendevano più fruibile la cultura anche da coloro che non conoscevano la lingua latina e questo preoccupava moltissimo la Chiesa cattolica, perché leggendo i cittadini sarebbero stati in grado di sviluppare un senso critico, arrivando a mettere in discussione i dogmi del potere ecclesiastico. Si reagì con la censura: controllare sistematicamente quali erano i libri che i fedeli potevano leggere e possedere.

Testi religiosi, dottrinali, trattati di magia e astrologia
A partire dal papato di Paolo IV (1476-1559) l’attenzione delle autorità ecclesiastiche si rivolse principalmente ai testi di contenuto religioso o dottrinale. Le opere sgradite o ritenute pericolose venivano inserite nell’Index librorum prohibitorum.
Soltanto i testi che avevano ricevuto il benestare ecclesiastico alla stampa, ovvero l’imprimatur – dopo aver superato un minuzioso esame da parte del Santo Uffizio – avevano diritto a circolare. Tra i libri proibiti finivano opere religiose, tra cui alcune edizioni in volgare della Bibbia, opere di non cattolici, trattati di magia e di astrologia, libri che non riportavano l’indicazione dell’autore o dello stampatore, quelli senza data e luogo di pubblicazione, quelli pubblicati senza permesso da stampatori eretici.
Si trattava di regole molto severe, intese a controllare tutta la produzione scritta dell’epoca e non solo in ambito religioso. Tra i più noti a essere stati banditi ricordiamo Galileo Galilei, il quale vide proibiti i suoi scritti di astronomia rivoluzionari, Giordano Bruno che pagò con la vita le sue concezioni ritenute eretiche. Altri autori che spiccano nell’Index librorum prohibitorum sono Boccaccio, Dante Alighieri, Macchiavelli, Cartesio, Kant, Leopardi e, nel Novecento, Montale.
Uno strumento con il quale si ambiva a sradicare ogni forma di dissenso teologico, trasformando nel giro di pochi decenni la censura da attività episodica e non coordinata in una struttura stabile che invase ogni campo del sapere e della morale e cercò di insediarsi nell’intimo delle coscienze e delle menti sottomettendole a direttive stringenti .
La pericolosità della cultura e del pensiero critico di dotti e idioti
Il pensiero critico, la cultura, la capacità di elaborare contestazioni e di mettere in discussione l’ordine – religioso e laico – hanno da sempre preoccupato il potere. Ogni atto di sovversione arriva dopo l’acquisizione di consapevolezza, e i libri sono, oggi come ieri, uno strumento molto potente.
È interessante sapere che tra i fruitori del libro vi erano coloro che appartenevano al mondo delle professioni liberali, i cosiddetti “dotti” – principale bersaglio degli organi repressivi – ma anche i semplici lettori, i cosiddetti “semplici” o “idioti” — termini che nel linguaggio dei censori indicavano, con articolazioni e sfumature diverse, chiunque fosse stato escluso da un regolare processo di scolarizzazione incentrato sugli studi classici.
Sono passati soltanto cinquantacinque anni dall’abolizione dell’elenco: questo dovrebbe farci riflettere su quanto sia importante tenere viva l’attenzione su tutto ciò che è “censura”, sia per i “dotti”, sia per gli “idioti”, ovvero per tutti noi.