La Giornata internazionale delle Lingue dei Segni, il 23 settembre 2022, giunge alla sua quarta celebrazione. Si tratta di un’occasione imperdibile per fare luce sulla sordità e su una comunità che, secondo la Federazione Mondiale dei Sordi (World Federation of the Deaf), conta circa 72 milioni di persone nel mondo.
Lingua dei segni, l’iniziativa della Sapienza
La lingua dei segni italiana, la LIS, alla Sapienza di Roma diventa un vero e proprio corso di laurea allo scopo di formare interpreti specializzati sia in questo linguaggio che nella sua versione tattile, la LISt. Il corso – primo del suo genere in Italia – rientra nel dipartimento di Lettere e culture moderne e mira a promuovere lo studio della lingua dei segni in tutti gli aspetti che la caratterizzano, dalla filosofia del linguaggio, alla linguistica, alla semiotica. Il tutto, durante i tre anni di corso, verrà accompagnato da una pratica costante e un tirocinio curricolare. Quale futuro, quindi, per i laureati in Lingua dei segni? Non solo quello saranno interpreti, ma veri e propri mediatori linguistico-culturali.
Passi avanti verso l’inclusione
Si è usata la parola sordità, ma anche comunità. Per ‘sordità’ si intende un deficit sensoriale oggettivo che per alcuni versi è limitante nei riguardi della persona e, per tanto, è trattato come disabilità nel CRPD, la Convezione dei Diritti delle Persone con Disabilità. Perché allora parlare di comunità? Non siamo davanti a un errore, anzi. È giusto parlare di comunità quando la sordità viene vista come una caratteristica della persona nonché elemento di identità.
La nascita di una comunità si sviluppa con il tempo e con il perseverare di usi e costumi. Nel momento in cui un gruppo sempre maggiore di persone si costituisce come insieme, con tratti comuni e un linguaggio che li contraddistingue da altri gruppi, è giusto vedere non solo l’aspetto comunitario ma anche i diritti da reclamare.
Una lingua dei segni, più lingue dei segni
È possibile affrontare il tema del bilinguismo, se si rapporta l’uso della LIS a quello dell’italiano? Ebbene sì. In quanto lingua a sé, la LIS non presenta le stesse regole e passare da un linguaggio all’altro con leggerezza potrebbe essere foriero di qualche intoppo comunicativo. È interessante quindi scoprire che, proprio come una lingua parlata, che segue un suo corso e sviluppo nel tempo, anche la quella dei segni ha le sue variazioni e il suo registro, frutto di un’evoluzione linguistica maturata negli anni. Esatto, quella italiana è soltanto una tra le tante lingue dei segni! Ethnologue, il database internazionale delle lingue, ne annovera circa 121 oltre quella internazionale comunemente usata nelle situazioni formali che è semplificata, sì, ma anche più limitata in campo lessicale.