Con la Giornata internazionale del Velo Islamico la proposta è aperta a tutte le donne, senza distinzioni etniche, culturali, religiose. L’obiettivo? Combattere i pregiudizi. Intanto intorno a questo capo fioccano le controversie.
A proposito di velo: una storia di discriminazione
La Giornata Internazionale del Velo Islamico ricorda che si tratta di un capo d’abbigliamento espressione di una cultura. A proposito, il racconto di una storia di discriminazione. Il contesto è la provincia italiana della prima metà degli anni Novanta. In questo periodo molte famiglie di origine straniera arrivano nel nostro Paese in cerca di opportunità lavorative.
Per le popolazioni autoctone è l’incontro con una cultura nuova, vista con una certa diffidenza e curiosità. Il velo islamico rappresenta una novità, anche se non è così lontano dai fazzoletti che un tempo le donne indossavano per coprire il capo, in particolare durante le funzioni religiose. Resta la peculiarità della diversità percepita, come accade a una ragazzina delle Medie, originaria del Nord Africa, con l’arrivo della pubertà.
Da parte di alcuni coetanei scattano le derisioni, cui seguono le reprimende degli adulti. In particolare la Dirigente Scolastica interviene nelle classi per riprendere i responsabili del dileggio e per lanciare un messaggio di rispetto. Le scuse arrivano da parte dei responsabili. Infine un abbraccio alla ragazzina da parte dei coetanei. Un abbraccio dopo tante lacrime nate dalla vergogna di sentirsi diversa per il velo.
La Giornata internazionale del Velo Islamico: come nasce
Ad arrivare al 2023 sono accaduti eventi epocali: dall’attentato alle Torri Gemelle che ha contribuito ad amplificare la paura verso il mondo islamico, passando alle forme di integralismo che portano alla negazione dei diritti umani, tra cui quelli delle donne, come sta accadendo in diverse aree, dall’Iran arrivando all’Afghanistan.
In mezzo, la data del 2013, quando Nazma Kham, attivista bengalese residente a New York, lancia la proposta di creare la Giornata internazionale del Velo Islamico. L’appello viene raccolto gradualmente, complici anche media di rilevanza internazionale che hanno posto l’attenzione sul tema.
Ma perché questa giornata? Come ha spiegato la stessa Nazma Kham, è un modo per combattere le discriminazioni. L’iniziativa nasce dalla sua difficile esperienza di immigrata. Fin da giovanissima è stata oggetto di derisioni, nonché di offese e pesanti discriminazioni proprio perché indossava il velo. Esattamente com’è accaduto alla giovanissima immigrata giunta nella provincia italiana negli anni Novanta. L’invito rivolto alle donne, meglio, alle sorelle, è volto a eliminare i pregiudizi.
Le controversie
Il velo è oggetto di molte controversie: se per alcuni è l’espressione di una cultura, al punto da essere uno dei capi cardine della Modest Fashion, per altri è il simbolo del patriarcato integralista e repressivo di matrice islamica.
Nella Giornata Mondiale del Velo Islamico c’è chi manifesta contro il velo. Lo hanno dichiarato in un comunicato le associazioni di One Law for All, FEMEN e il Concilio degli ex musulmani della Gran Bretagna, andando in controtendenza rispetto alla giornata dedicata.
Il velo islamico: simbolo di espressione o di controllo?
Lo scontro è sul filo del rasoio. Se da una parte viene considerato un capo che veicola un’identità culturale (e individuale), dall’altra parte c’è chi caldeggia l’abolizione del velo, in quanto strumento di controllo sul corpo.
Nell’intenzione dell’attivista bengalese c’è un evidente obiettivo di valorizzazione culturale, per abbattere gli stereotipi e potenziare l’empowerment femminile. Indossare i panni di qualcuno per mettersi con e non “contro”: questo aspetto è da sottolineare, in tempi di forti divisioni e polarizzazioni di pensiero e opinioni. Mettersi nei panni di qualcuno, prima di puntare il dito, combattendo gli stereotipie. Prima di giudicare, capire.