Una madre single, una figlia adolescente e un bambino di nove anni: ma la madre è più adolescente di quanto non sia la figlia… e ha un passato ingombrante
La madre è giovane, scapestrata, disinvolta. Il padre non c’è. La famiglia trasloca spesso da una città all’altra degli States, ogni volta dovendo ricominciare da capo con amici, vicini di casa, lavoro, scuola. Sembra l’inizio di Sirene (in originale Mermaids), il fortunato film del 1990: anche lì una madre single (interpretata da Cher) trascinava le figlie (Wynona Rider e Christina Ricci) di città in città alla ricerca di una vita felice che sembrava sempre sfuggire. Invece, Ginny & Georgia è datato 2021, è prodotto da Netflix e ad interpretarlo sono Brianne Howey nel ruolo della madre Georgia, Antonia Gentry in quello della figlia adolescente Ginny e Diesel La Torraca in quello del figlio di nove anni Austin.
Mentre nell’antesignano Sirene la madre aveva “solo” un carattere impossibile e la figlia adolescente era chiaramente affetta da disturbi del carattere, in Ginny e Georgia il rapporto madre-figlia, le preoccupazioni adolescenziali e la vita quotidiana della famiglia sono un paravento (variopinto e multiforme, questo non si discute) dietro a cui si celano diversi segreti. Georgia nasconde un passato in cui sono entrate violenza e trasgressione, a volte subite e a volte inflitte: il contrasto fra i flashback che la tormentano e il suo carattere dinamico e solare (almeno in apparenza) inquieta e incuriosisce. Ginny, che passa da momenti in cui detesta sua madre ad altri in cui ha con lei un rapporto complice e solidale, nasconde a sua volta una profonda insicurezza ed episodi di autolesionismo.
Dialoghi brillanti e serrati, ma troppi eccessi nelle caratterizzazioni
Le protagoniste citano, nel primo episodio, la serie Una mamma per amica (in originale Gilmore Girls) che in molti ritengono un altro precedente illustre di questa nuova produzione Netflix: solo che, con una smania quasi eccessiva di adattarsi ai nuovo tempi, Ginny & Georgia preme l’acceleratore su tantissimi temi in gran parte legati al mondo giovanile, quali l’uso di droghe, la perdita della verginità, le gravidanze indesiderate, l’uso ossessivo di Instagram, i gruppetti chiusi di amicizie, le caratterizzazioni quasi borderline di vari personaggi. Ginny sembra un’attivista ipercritica, l’amica Maxine è più preoccupata di dichiarare al mondo la sua omosessualità che di viverla, il fratello Marcus è lo stereotipo del maschio adolescente interessato solo a marijuana e ragazze. Molti dialoghi sono frenetici, sembrano partite di ping-pong in cui la pallina schizza da una racchetta all’altra con precisione metronomica: troppa per non indurre un senso di confusione e di scarsa spontaneità.
A emergere da questo magma meglio degli altri è il personaggio di Georgia, intorno a cui va a ruotare gran parte della narrazione. La sua prorompente vitalità, che a volte risulta addirittura irritante, è compensata dai riferimenti al suo passato e complicata dalla ferocia con cui è disposta a tutto (letteralmente) per proteggere Ginny e Austin. Una leonessa sotto le spoglie di una bionda svampita, un carattere talmente sfaccettato che lo spettatore prima o poi trova almeno una faccia con cui sentirsi in sintonia: non basta a eliminare dalla serie gli eccessi tematici e formali di cui soffre, ma la rende frizzante quanto basta per invogliare a seguirla volentieri e per sperare in una seconda stagione (anche perché la prima finisce con uno sfacciato cliffhanger).