15 marzo, Giornata Internazionale del Fiocchetto Lilla contro i disturbi del comportamento alimentare. Oggi sentirai parlare di psicologie fragili, diete, obesità, anoressia, abbuffate compulsive, sguardo sociale. Oggi, però, perché domani tornerai a seguire questa o quella dieta, demonizzando corpi più o meno piacenti senza saperne la storia.
Ma procediamo con ottimismo.
I disturbi del comportamento alimentare
Quando si parla di disturbi del comportamento alimentare, la conoscenza del problema resta parziale, e sai perché? Perché l’essere umano non riconosce un problema finché non ne vede tangibilmente i segni. E non perché si è brutti e cattivi, beninteso, ma perché esiste una lunghissima serie di compensazioni che difende la nostra – collettiva – capacità di non vedere le cose finché non sono innegabili.
Così facendo, è normale accorgerti di un malsano rapporto con il cibo quando qualcuno accanto a te è molto in sovrappeso o viceversa. Meno normale è accorgerti a prima vista di qualcuno che, per esempio, soffre di bulimia.
Perché ti dico questo? Per darti la prima, preziosissima regola d’oro, in questo giorno speciale: taci, specialmente in rapporto al cibo, all’aspetto fisico. Il silenzio è d’oro, oltre che di buon gusto. Molte volte salva chi già combatte una guerra con se stesso, senza che ti ci metti pure tu.
Una critica o anche un complimento fatto a cuor leggero possono rinforzare un comportamento negativo dei confronti del cibo. Nel dubbio, specialmente in caso di persone che conosci poco, cerca di badare ad altro: un sorriso o la qualità della conversazione basteranno. Anche perché, molto spesso, il cibo si configura come mezzo attraverso cui esprimere un disturbo ma non è IL problema.
Disturbi alimentari: viaggio in una gabbia chiamata stomaco
Personalmente mi atterrei alla regola del ‘stai zitto’, ma questa è la mia rubrica e allora, da persona che personalmente ci tiene, a quest’argomento, gradirei dire due parole. Altre due, a essere precisi. E visto che a parlar degli altri si fa sempre peccato, espongo riflessioni mie, sperando di trovare qualcuno che, come me, abbia parlato a se stesso allo stesso modo.
Dicevo che in un disturbo alimentare il cibo non è il vero problema, ma solo la soluzione finale che viene adottata per gestirlo. Questo perché l’essere umano agisce di compensazioni, spesso anche a propria insaputa.
Attenzione, non parlo di mangiare troppo per riempire un vuoto o troppo poco per sentirsi amati, sono certo storie vere in determinate casistiche ma possono rientrare anche nella banalizzazione di una dinamica dannosa.
Il disturbo alimentare ti chiude in quella gabbia chiamata stomaco e getta le chiavi nei meandri della tua coscienza, lì dove risiedono le fragilità. E c’è poco da fare: ognuno decide come disporre di quella gabbia credendo di fare il bene per se stesso. Chi la riempie di ogni cosa, per non far entrare gli incubi; chi la svuota di continuo perché la sentirà sempre troppo piccola. Nessuno esce, neanche quando ce la fa.
Un fiocco lilla per tenersi uniti
Nessuno esce, già. Puoi imparare a trattare quella gabbia come un essere umano, a capirla e a contrastarla con la razionalità e la voglia di vivere, ma è un po’ come un tatuaggio: resta. Lo sa bene chi vuole un biscotto e lotta per non mangiarne cento, o chi al ristorante deve dire a se stesso che quel dolce non gli farà del male. Lo sa chi fa la spesa e non compra mai quello che desidera davvero. Lo sa chi mangia senza fame e per questo si sente in colpa.
Per tutte queste persone, ti chiedo ancora una volta di tacere. Di smetterla di parlare ‘per salute’, perché il disturbo alimentare è un problema di salute mentale, prima che fisica. Smettila di attribuire un valore a qualcuno soltanto perché appaga o meno la vista, o di immaginare un determinato ritmo di vita a seconda della taglia del jeans.
Ora, veniamo alla resa dei conti: io e te lo sappiamo bene che una giornata del fiocchetto lilla sensibilizzerà le persone più o meno con la stessa efficacia di un idrante all’inferno. Quindi aiutaci e aiutali, a questi fiocchetti: porta rispetto.