Un anno. È passato da poco un anno da quel giorno incredibile in cui abbiamo visto accadere qualcosa che da troppo tempo credevamo impensabile: la guerra. La guerra in Europa. Sì, di guerre nel vecchio continente ce ne sono state altre, non voglio certo dimenticare i conflitti che hanno lacerato, per esempio, l’ex Jugoslavia.
Ma quella guerra l’abbiamo vissuta tutti in modo un po’ diverso, come se fosse meno globale, come se – per riprendere il titolo del saggio di Filippo Poletti – avesse avuto un’altra grammatica.
Ucraina: grammatica dell’inferno: Filippo Poletti racconta il terrore
L’attacco della Russia ha riportato a casa nostra un terrore dimenticato, quello della GUERRA, scritto così, tutto maiuscolo, con paura, anzi no… terrore. Che è molto peggio. Perché in troppi hanno pensato a una grande farsa. No, Putin chiacchiera, ma non attacca. E lui ha attaccato. E oggi non contiamo solo i giorni, sempre più numerosi, da quel 24 febbraio 2022, ma contiamo soprattutto i morti. Non solo quelli in divisa, ma soprattutto quelli che con la guerra non hanno niente a che spartire: i bambini, le mamme, gli anziani. Tutti quelli che non imbracciano un fucile per fare il gioco degli adulti cattivi.

Il saggio di Poletti – Ucraina: grammatica dell’inferno – ha il potere deflagrante di una bomba che cade ai tuoi piedi, ti sbalza via, ti lacera, ti lascia a terra. Perché Poletti ha deciso di raccontare il dramma della guerra senza andare troppo a cercare tra i corridoî della politica internazionale. Poletti ha cercato nelle strade, nelle scuole, tra le abitazioni, sotto le macerie.
E non solo morti, donne violentate, gente fuggita per cercare la salvezza, ma anche deportazioni, una parola che in Europa richiama vecchi fantasmi, ombre che non possiamo certo dimenticare.
“Ben due milioni e mezzo di civili – dichiara il viceambasciatore ucraino alle Nazioni Unite, Khystyna Hayovyshyn, a distanza di poche settimane dall’inizio del conflitto – sono stati deportati con la forza in «regioni isolate e depresse della Siberia e dell’estremo Oriente»: ottomila di questi sono bambini.” È questo l’orrore che poletti ci mette davanti: le azioni malvagie di uomini che non solo vanno alla guerra, ma che prendono la violenza, l’orrore, e li mettono su un piedistallo come se fossero trofei da esibire con orgoglio.
La voce delle vittime raccontata da Filippo Poletti
Poletti poi, attraverso il suo viaggio nel tormento di una nazione – raccontandoci gli orrori di Bucha, Borodyanka, Kyiv, ci porta vicino alle testimonianze di chi la guerra l’ha subita davvero, chi dalla guerra è dovuto fuggire. Donne, soprattutto. E bambini. E così ogni capitolo del libro ci ricorda che la guerra non è fatta di numeri e confini politici, ma di persone. Persone come Halyna, Anna, Oksana, Aliona e tante altre. “La guerra, l’energia, i soldi: il motore di tutte le guerre è il denaro. Ma agli esseri umani non pensa più nessuno?” È il grido di Caterina.

È così che si legge il saggio di Poletti, uscito in tutte le librerie per Lupetti in questa prime settimane del 2023, come un lungo grido di chi la guerra non la capisce, non la vuole, non pensava di vedere piombare sopra le teste. Città distrutte, vite spezzate, bambini che non diventeranno mai adulti – leggiamo – e adulti che non invecchieranno. Per un lungo – l’ennesimo – braccio di ferro che da qualche decennio avevamo provato a dimenticare: Est e Ovest, Russia e Usa. E l’Europa, nel mezzo. Ora è l’Ucraina. Ma chi perde è sempre la gente, le madri, i figli, chi non vede confini nel mondo. Filippo Poletti ci racconta questo orrore, partendo dalla persone più comuni, da noi, da te. Perché alla fine, i grandi, la guerra non la smettono mai. È agli altri che spetta il duro compito di sopravvivere. E di sperare.
Filippo Poletti – Ucraina: grammatica dell’inferno
Lupetti editore, 2023, 235 pag., € 24,90
Andrea Franco