Tra Storia Romantica e Licenze Creative: Un Viaggio nel Cuore del Brigantaggio Post-Unità d’Italia
È sempre intrigante quando la storia si avvolge nella trama di una narrazione, e “Briganti”, la nuova serie di Netflix, non fa eccezione. Ambientata nel Sud Italia appena dopo l’Unità d’Italia, il collettivo GRAMS* ci trascina in un’epoca di promesse disattese e rivoluzioni mancate, mentre il protagonista Giuseppe Schiavone, interpretato da Marlon Joubert, cerca l’oro del Sud per riscattare la sua terra devastata.
La serie, composta da sei avvincenti episodi, è una miscela esplosiva di crime e western, che cattura l’essenza del brigantaggio post-unitario. Ma dietro la splendida scenografia e le sequenze di combattimento mozzafiato, si nasconde un’interpretazione della storia che oscilla tra il romantico e il revisionista.
Schiavone e il suo gruppo di briganti vengono dipinti come eroi ribelli, contrapposti allo Stato oppressivo e ai “piemontesi”. Tuttavia, questa romantizzazione del brigantaggio dimentica molte sfumature della realtà storica. Elementi come tatuaggi, trucco e armi anacronistiche aggiungono un tocco di modernità, ma distorcono la verità storica.
Nonostante le sue qualità visive e la colonna sonora accattivante, “Briganti” rischia di perdersi nell’omologazione delle produzioni Netflix, sacrificando la sua unicità sull’altare della riconoscibilità. Mentre la serie cerca di incantare il pubblico internazionale con il suo stile “spaghetti western”, potrebbe finire per confondere la storia con la leggenda, privando così lo spettatore di una comprensione più profonda del contesto storico.
In conclusione, “Briganti” è un viaggio avvincente nel mondo del brigantaggio post-unitario, ma la sua narrazione romantica e le licenze creative rischiano di offuscare la verità storica.