Alla miniserie tv, tratta dalla famosa serie animata, è bastato un giorno per raggiungere il podio; il fenomeno Winx è ancora tutto da sviscerare
All’annuncio che dalla fortunata serie di Iginio Straffi sarebbe stata tratta una serie live destinata a Netflix, in molti avevano storto il naso, forse aspettandosi un prodotto ingenuo o tecnicamente poco riuscito. Ma a sole 24 ore dal lancio sul più noto canale di streaming, Fate – The Winx Saga è schizzato in cima alla classifica delle serie più viste dagli abbonati.
Winx Club, la serie animata originale, debuttò nel 2004 e divenne quasi subito un fenomeno che travalicò l’ambito dell’entertainment televisivo e migrò in qualsiasi altro settore: dal merchandise scolastico, all’editoria, al teatro, all’abbigliamento. Alle cinque protagoniste originali Bloom, Flora, Musa, Stella e Tecna si sarebbe poi aggiunta nella seconda stagione Aisha, portando a sei i membri del gruppo. La serie in onda su Netflix ha però escluso il personaggio di Tecna e ha sostituito Flora con una sua cugina di nome Terra. Anche la trama presenta parecchie differenze rispetto all’originale: la storyline delle origini di Bloom è legata a doppio filo con eventi avvenuti nel passato degli insegnanti di Alfea, la scuola riservata alle fate, e il mood generale della serie è abbastanza cupo, più adatto a un pubblico adolescente e young adult che alle bambine e alle pre-teenager.

Un teen-drama che presta attenzione ai temi sensibili
Inoltre, se il prodotto originale aveva ricevuto diverse critiche, perché tendeva a ipersessualizzare i personaggi (specie rispetto all’età del target) e a puntare troppo sull’apparenza, l’abbigliamento e gli accessori, sull’essere trendy e cool, la miniserie Netflix contiene diversi messaggi sull’inclusività, oltre che contro il bullismo e il mansplaining, e mette in scena un personaggio sovrappeso con tutte le insicurezze che gliene derivano. A questo si aggiungono i conflitti generazionali, in particolare quello di Stella che subisce le angherie di una madre calcolatrice e anaffettiva. Passo falso, invece, quello relativo alle etnie: se la compagine originale delle Winx prevedeva una ragazza afroamericana, una asiatica e una ispanica, la serie live ha sostituito le ultime due con interpreti caucasiche, mandando su tutte le furie le fan di vecchia data che hanno lanciato pesanti accuse di white-washing.
Passando agli aspetti più tecnici, sono apprezzabili le location, la fotografia e gli effetti speciali: pochi e meno sgargianti di quanto ci si potesse aspettare (nessuna trasformazione alla Sailor Moon, nessun comparire di ali sulla schiena) ma curati. Soprattutto le scene che più si allontanano dall’atmosfera originale, tutta glitter e sorrisi, virando verso un soft horror, sono inquietanti al punto giusto e coinvolgono lo spettatore, che può legittimamente essere preoccupato per la sorte delle protagoniste.
Piaccia o no, le Winx sono cresciute.