È giusto riavvolgere il nastro e ripartire da dove tutto ebbe inizio, il 4 marzo 1943.
Oggi si ricorda il genio di uno dei più grandi cantautori italiani, Lucio Dalla, indelebile nella memoria di tutti, ancora e nonostante i dieci anni passati da quel fatidico 1° marzo 2012. Dalla nasce nella Bologna del dopoguerra, in un’Italia alle porte del boom economico. È giovane e inquieto, deve capire, scoprirsi. Viaggia, cresce artisticamente nelle sale di jazz, a lui si devono i primi accenni allo stile ‘scat’ – vocalizzi di stampo jazzistica che, rifacendosi agli strumenti musicali, riproducono fraseggi ritmici e armonici, seppur privi di senso: L. Armstrong fu il primo a introdurli nel jazz.
Gino Paoli intravide qualcosa in quel giovane senza etichetta e decise di avviarlo alla carriera da solista. Dalla, però, era fuori da ogni schema comune alla proposta artistica del tempo, per struttura e gusto, persino per stile e presenza scenica. Gli esordi infatti lo tradirono: celebre è il disastro dei live al Cantagiro del 1965, durante il quale – come ha poi raccontato lo stesso Paoli – conquistò perlopiù fischi e ortaggi sul palco, piuttosto che consensi e applausi. Proprio allora Dalla dimostrò tempra e coraggio. Continuò a insistere, a scommette testardamente sul proprio istinto artistico, senza scendere a compromessi con la sua eccentrica personalità. Nel 1966 presentò al festival di Sanremo Paff… bum, al fianco degli Yardbirds, gruppo blues-rock inglese. Incisa come terzo 45 giri da solista, la canzone venne poi inserita nell’album di debutto di Dalla, 1999. Indubbiamente troppo sui generis, il brano che avrebbe dovuto ricordare il battito accelerato di un cuore in tumulto restò incompreso per essere presto dimenticato.
Le verità e il mito di Lucio Dalla
Dopo il fallimento mediatico – l’ennesimo! – del suo primo album, Lucio Dalla tornò a varcare nel 1967 l’arena più famosa della canzone italiana insieme ai Rokes, con Bisogna saper perdere. Tagliente, ironico, catartico come solo lui sapeva essere.
Sarà 4/3/1943 a cambiare irrimediabilmente le sorti del suo insuccesso. Per l’appunto, dove tutto ebbe inizio.
Il brano, presentato al Festival di Sanremo del 1971, subì un cambio di titolo ex abrupto e alcune azioni di censura. Originariamente avrebbe dovuto chiamarsi “Gesù bambino”: considerato insolente e sfrontato, il titolo diventò la data di nascita di Dalla pur non rappresentando un componimento autobiografico. È la storia di una ragazza diventata madre troppo presto e del figlio di un ignoto soldato.
Insostenibile per la morale comune, persino alcune strofe del testo vennero edulcorate: lei che «giocava alla Madonna con il bimbo da fasciare» diventa una ragazza che «giocava a far la donna con il bimbo da fasciare». E nel ritornello finale «e ancora adesso, mentre bestemmio e bevo vino, per i ladri e le puttane sono Gesù Bambino», sarebbe stato così facile riconoscere lo stesso tormento del tanto amato Disperato erotico stomp, se solo non fosse diventato «e ancora adesso che gioco a carte e bevo vino, per la gente del porto mi chiamo Gesù Bambino». 4/3/1943 conquista il terzo posto in gara, ma rappresenta l’inizio di un mito.
Entra di diritto nel terzo (e di successo) album di Lucio Dalla, Storie di casa mia. L’album delle storie cantate e della lezione folk di Guccini e De André, in cui Dalla sceglie di ridurre gli arrangiamenti per far sì che la voce del narratore si esprima delicatamente e senza soprusi. È l’album tratto da vite passate (Un uomo come me e La casa in riva al mare), frutto di riflessione su tematiche vergognose e taciute (l’accusa alla pedofilia ne Il gigante e la bambina e la ribellione del proletariato in Itaca). È l’album delle verità di Lucio che diventa finalmente Dalla.
È ancora Sanremo a ergerlo a colosso del cantautorato italiano: nel 1972, è palcoscenico della sua intramontabile Piazza Grande, brano dedicato a un senzatetto realmente esistito e scritto in collaborazione con Ron. Un classico senza tempo che ha immortalato nell’immaginario collettivo il tenero riguardo dell’artista per la sua Bologna. E sebbene si possa pensare che la canzone parli di Piazza Maggiore, straordinario cuore pulsante del capoluogo emiliano, la verità è che quelle tanto sospirate panchine, quella casa senza famiglia vera e propria sono le carezze e i sogni regalati in una più intima e nascosta Piazza Cavour.
L’eredità di un cantautore eterno
Per immergersi in un vero e proprio memoriale interattivo, a Bologna, è possibile perdersi tra le note dei suoi più importanti successi in via D’Azeglio, o cercarne le orme tra le targhe d’ottone dei grandi nomi del jazz incastonate nelle vie del Quadrilatero del centro storico.
Dal 4 marzo e fino al 17 luglio 2022, il Museo Civico Archeologico di Bologna invece ospiterà la prima grande mostra dedicata all’artista, “Lucio Dalla. Anche se il tempo passa”. Esposizione che rientra in un piano biennale 2022–2023 che ricordi i 10 anni dalla scomparsa e ne omaggi gli 80 dalla nascita: le tappe successive vedranno l’evento all’Ara Pacis di Roma e, a seguire, a Napoli e a Milano.
Per gli amanti e collezionisti di vinili, è disponibile all’acquisto Canzoni, il ventitreesimo album del cantautore italiano pubblicato il 5 settembre 1996.
Invece per leggere di Lucio, della sua Bologna e dell’indissolubile filo che li unisce, è possibile acquistare A Bologna con Lucio di Giorgio Comaschi (Giulio Perrone Editore, 2022).
Pamela Valerio