La morte di Freddie Mercury è un anniversario che, dopo 31 anni, si celebra ancora con rimpianto.
Il tempo è inclemente con la maggior parte degli artisti ma, chi resiste alla prova degli anni, davvero sale nell’Olimpo: uno di questi idoli è di certo Freddie Mercury, nome d’arte scelto da Farrokh Bulsara.
Freddie Mercury, un mito che non muore mai
Per chi l’ha seguito in vita e per chi l’ha riscoperto grazie al film Bohemian Rhapsody, che racconta anche la portata innovativa dell’omonima canzone, la carriera di Freddie Mercury non è nuova. Nomi come Brian May, John Deacon, Roger Taylor e Montserrat Caballé con – cui incise, tra le altre, le indimenticabili Barcelona e How Can I Go On – ma anche Mary Austin (l’amore della vita di Mercury a cui è dedicata la celebre Love of my life) e Jim Hutton sono ben noti.
La vita del performer per antonomasia è costellata di amicizie importanti e amori intensi, sinonimo di una vita vissuta appieno, dove l’arte e le emozioni viaggiavano sempre su strade parallele. Tutto questo lo testimonia ai lettori anche il compagno Jim Hutton nella biografia del cantante: I miei anni con Freddie Mercury.
Sono milioni le persone che concordano con il chitarrista dei Queen che, in occasione del cinquantennio dell’attività delle band, nella trasmissione Che tempo che fa, dichiarò pubblicamente “Freddie Mercury ci manca ancora oggi”.
La morte di Freddie Mercury, anniversario indimenticabile
Già sieropositivo, nel 1986 fu diagnosticata a Mercury la sindrome dell’AIDS, contro cui lottò per anni. La morte del cantante puntò i riflettori su una malattia all’epoca ancora poco conosciuta, ma su cui esistevano tantissimi preconcetti, legati soprattutto all’omosessualità che, all’epoca, solo da pochi mesi era stata ufficialmente rimossa dalla lista delle malattie mentali dall’OMS. Se si pensa che la struggente Who Wants to Live Forever risale proprio a quell’anno non si può evitare di pensare che quel brano sia un’appassionata dedica d’amore alla vita.
Forse per dare un esempio e forse per potersi congedare dal suo pubblico, Freddie Mercury confessò al mondo la gravità della malattia, sempre più manifesta, solo tre giorni prima di morire. Rendere esplicito il suo male evitò pettegolezzi e sospetti e, insieme, ne dimostrò il coraggio.
“A seguito dell’enorme congettura sulla stampa nelle ultime due settimane, desidero confermare che sono stato testato per l’HIV e ho l’AIDS. Ho ritenuto corretto mantenere queste informazioni private fino a oggi per proteggere la privacy di coloro che mi circondano. Tuttavia, ora è giunto il momento per i miei amici e fan di tutto il mondo di conoscere la verità e spero che tutti si uniranno a me, ai miei medici e a tutti coloro che nel mondo intero nella lotta contro questa terribile malattia. La mia privacy è sempre stata molto speciale per me e sono famoso per la mia mancanza di interviste. Si prega di comprendere che questa scelta continuerà”.
(Freddie Mercury)
Nelle sue ultime volontà Freddie Mercury chiese all’amica di sempre di spargere le sue ceneri in un luogo che non avrebbe mai rivelato. Così fu, ma nel 2013, nel cimitero londinese di Kansal Green comparve una lapide con l’incisione “In Loving Memory of Farrokh Bulsara”.
Le testimonianze nell’anniversario della morte di Freddie Mercury
In occasione dei trent’anni dalla scomparsa, molte sono state le interviste ai membri della band e alle persone che hanno accompagnato Mercury verso la fine dei suoi giorni. Brian May ha ricordato come, negli ultimi tempi, Freddie avesse comunque trascorso un periodo sereno a Montreaux, dove la band aveva uno studio di registrazione.
“Potevamo fare musica – e fare musica era la vita di Freddie. Poteva isolarsi una volta che era in quell’ambiente. Stranamente è stato uno dei momenti più gioiosi che abbiamo mai avuto. Freddie sembrava essere in grado di lasciare tutto fuori e divertirsi a fare la sua musica”.
(Brian May)
Inoltre, l’amico e assistente Peter Freestone, in un’intervista a Rolling Stone, ha dichiarato nel podcast Ask Phoebe.
“Credo che fosse in pace con se stesso. Freddie aveva deciso di interrompere il farmaco alle sue condizioni. Conosceva le conseguenze delle sue azioni e ha avuto il tempo di parlare con amici e familiari per salutarli”.
(Peter Freestone)
Immortale, sempre
A perpetuare la fama e il ricordo di uno tra i più iconici artisti del passato recente, restano i brani che si sono inseriti nella storia comune di tutti: impossibile celebrare un trionfo senza ascoltare We Are the Champions, ideare una playlist adrenalinica senza che tra i primi record ci siano We Will Rock You e Don’t Stop Me Now, pensare ai video degli anni Novanta più sorprendenti senza menzionare A Kind of Magic.
Allo stesso modo, come si può parlare d’amore senza ricordare Somebody to Love, o dedicarsi un momento di consolazione lontano da The Show Must Go On e In My Defence?
La voce di un artista che, tra molti, non ha mai smesso di sorprendere e che si è reinventato per tutta la vita è talmente intessuta nel background della cultura musicale pop, che non passerà mai nell’oblio.
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