Enea è il nome del bambino abbandonato a Pasqua presso la Culla della vita dell’Ospedale Mangiagalli di Milano. Sua madre l’ha depositato lì con poche parole, preservando l’anonimato.
Questa vicenda ha fatto scalpore negli ultimi due giorni, al punto che l’appello affinché venga a riprendere il figlio non soltanto arriva dal dottor Fabio Mosca, direttore della Neonatologia e della Terapia intensiva neonatale della Mangiagalli, ma anche dal più famoso Ezio Greggio, comico e conduttore televisivo.
Il bambino abbandonato e la Culla per la vita
La Culla della vita è attiva dal 2007, e da allora l’hanno usata in tre. Il principio alla base del suo funzionamento è proprio quello di tutelare la scelta delle madri di dare via il loro bambino per motivi che non devono appartenere ad altri se non a loro stesse.
Nell’anonimato non c’è giudizio, una madre che può affidare il proprio figlio a persone competenti non è tenuta a dare una motivazione. La Culla per la vita, a prescindere dall’opinione pubblica, è un’opportunità che tutela il futuro del bambino che vi arriva.
La lettera della madre di Enea, il bambino abbandonato a Pasqua presso la Culla per la vita di Milano, è un accompagnamento al piccolo e sì, c’è scritto che la donna (che sia giovane è una speculazione generale) ama il bambino, ma anche che non può prendersene cura.
Che fare, allora?
Dalla Culla per la vita all’appello di Ezio Greggio: una bontà che diventa stigmate
Al pari dell’amore letto nella lettera della madre di Enea, il bambino abbandonato, c’è sicuramente quello con cui parlano lo stesso dottor Mosca e il conduttore televisivo Ezio Greggio. Nessuno mette in dubbio che il loro discorso sia mosso dalla bontà, ma purtroppo è lo specchio di chi parla di pancia, senza ragionare, e purtroppo con un’eco mediatica che non concede questo tipo di leggerezze.
Fabio Mosca ha un lavoro che comprende anche la presenza della Culla per la vita, una struttura che affida un bambino alle cure dello Stato, non un mezzo per intercettare madri in difficoltà. Tutti d’accordo nell’ammettere l’enorme sconfitta sociale che spinge una madre ad abbandonare il suo bambino, ma è bene che ogni parola a riguardo resti nelle sedi competenti.
Ezio Greggio ha lanciato un pubblico appello alla madre del piccolo Enea, proponendosi per darle aiuto, firmandosi Zio Ezio. Di nuovo, non sono oggetto di critica le buone intenzioni, tuttavia le parole usate dallo storico conduttore di Striscia tradiscono una certa superficialità. Greggio parla di difficoltà economica, escludendo tutta un’altra grandissima fetta di problemi che potrebbero rendere più sicuro per il bambino affidarsi al sistema piuttosto che a sua madre.
Greggio la invita a tornare dal suo bambino perché ha bisogno della mamma vera, non di una mamma che dovrà occuparsene ma non è la mamma vera.
Che vuol dire questo? Che la famiglia è unicamente quella biologica?
Forse il fallimento non è il bambino abbandonato, ma la spettacolarizzazione dell’accaduto
Certo, è eclatante quando in 16 anni di attività vi sono solo tre i casi in cui suona l’allarme della Culla per la vita. Figurarsi oggi, quando questo genere di accadimento ci mette davvero poco a diventare notizia. La rincorsa alla madre di Enea morde ogni principio per cui esiste la Culla, punendo questa donna con un atteggiamento stigmatizzante, un giudizio che bolle sotto il coperchio della bontà, e questo sia in un senso che in un altro.
Come sempre, però, il segreto è solo uno: non essere d’accordo, ma portare riserbo. E rispetto.