Giunta alla sua terza stagione, Emily in Paris è come il buon vino: con il tempo si fa sempre più interessante, e non accenna a perdere il suo smalto. La storia di Emily Cooper, moderna Amelie 4.0, incentrata su moda, style, eccessi e ironia in una location strabiliante come Parigi continua a registrare grandi consensi.
Emily in Paris, qual è il segreto del suo successo?
L’americana Emily Cooper (interpretata da Lily Collins) capita a Parigi per caso. Esperta di comunicazione e marketing e di promozione tramite social, prende il posto della sua superiore, impossibilitata a partire alla volta della Francia per una gravidanza inattesa.
Emily si trova così catapultata da Chicago, città dove conduceva una vita regolare e sobria, alla Ville Lumière, dove tutte le sue certezze si sgretolano. Senza parlare una parola di francese, cerca di farsi benvolere dalla sua nuova – e stronzissima – responsabile, Sylvie Grateau (interpretata da Philippine Leroy-Beaulieu) senza troppo successo. Senza capirne – e nemmeno stare tanto tempo a chiederselo – il motivo, ci si trova immediatamente a entrare in empatia con lei, e con tutte le difficoltà che affronta, giorno dopo giorno, minuto dopo minuto. Bastano pochi minuti e, tra un panorama di Parigi e uno sguardo al suo eccentrico vestiario, Emily è diventata già un’amica.
Le incongruenze di Emily in Paris
Tutto nella storia di Emily è pura fantasia. Riuscire a lavorare in un ufficio di soli francesi senza parlare una sola parola di francese è già di per sé assurdo. Se poi si aggiunge che i suoi colleghi si sforzano di capirla e le parlano addirittura in inglese… be’, si arriva all’utopia. Per chiunque abbia passato del tempo in Francia – come chi scrive – è facile capire che uno scenario del genere è più improbabile dello sbarco dei marziani sul palco dell’Ariston durante il Festival di Sanremo.
Fuori dall’ufficio, poi, Emily inizia a crearsi – nel tempo di una storia su Instagram – una cerchia di amici, amanti, punti di riferimento e luoghi del cuore davvero troppo improbabili. La Parigi di Emily Cooper è, per lei, un “grande parco dei divertimenti”, come le rimprovera Sylvie. E dove accadono cose stupende.
Ogni idea di Emily è un successo; ogni sua campagna pubblicitaria è un successo; ogni suo nuovo incontro, che si tratti di amicizie o di flirt, è un trionfo dei sensi. Tutto, e proprio tutto, ciò che accade nella vita della giovane americana è portato all’eccesso. Ma è proprio questo il bello della serie: essere riusciti a creare un mondo dove i sogni si realizzano, dove tutte le possibilità sono aperte, dove si può scommettere sui propri talenti, e vincere. E la location ideale di tale mondo – dopo il Paese delle Meraviglie di Alice – non poteva che essere Parigi.
Il colpo d’occhio dello stile too much
Emily si reca all’agenzia di marketing Savoir, in place de Valois (siamo nel cuore di Parigi, a due passi dal Museo del Louvre) sfoggiando uno stile eclettico che non lascia certo indifferente. Troppo bello o troppo brutto. Azzeccatissimo o inguardabile. Da copiare o da evitare persino a Carnevale. Ciò che conta è che sia too much. Un mix di colori, forme, texture completamente dissonanti.
E il risultato è la nascita di uno stile unico, che mai nessuno indosserebbe nella vita di tutti i giorni, ma che per Emily calza a pennello. Gli outfit sono a cura della regina del glamour in tv: la costumista Patricia Field, già ideatrice dei guardaroba di Ugly Betty e del leggendario Sex and the City. Talmente fashion che a breve potremmo assistere, senza troppo stupore, alla nascita della Barbie-Emily.
Parigi, la seconda protagonista della serie
La bellezza degli scorci e dei panorami di Parigi parlano da soli. La città è un’altra importante protagonista della serie, dopo la moda.
È la città magica, dove i sogni si realizzano, e anche quando questo non accade – ché la povera Emily di delusioni ne accumula parecchie – resta pur sempre la città dove consolarsi è più facile che altrove. Rendere interessante un mondo talmente esclusivo come quello della moda e del lusso era una bella sfida, eppure i produttori – la commedia è ideata da Darren Star – riescono a coinvolgere lo spettatore al punto tale da incollarlo allo schermo. E Parigi in questo ha sicuramente i suoi meriti.
In attesa della quarta serie – tutto fa presagire che sarà realizzata – non resta che cullarci nella joie de vivre trasmessa da Emily, nell’ironia strabiliante dei suoi colleghi Luc e Julien, nella dolcezza malinconica che emerge nell’intimità dell’algida Sylvie Grateau e nel fascino magnetico e sexy – nonché francesissimo – dello chef Gabriel.