Sono attori, ma non si vedono: il loro contributo al cinema e alla televisione è quasi nascosto, letteralmente “fra le righe”. Doppiaggio: doppiatrici e doppiatori hanno fatto dell’uso della voce un’arte. Specie della scuola italiana che è fra le più prestigiose del mondo e risale addirittura agli anni Trenta del secolo scorso.
Doppiaggio: la voce giusta sulla faccia giusta
Un film o una serie televisiva estera, quando importata in Italia, nella stragrande maggioranza dei casi viene doppiata. Questo significa anzitutto che il copione viene tradotto e poi adattato. Perché una traduzione letterale non è né elegante, né adeguata ai movimenti labiali dei personaggi. L’adattamento consiste in una serie di piccole modifiche che non incidono sul contenuto dei dialoghi ma li rendono più scorrevoli e più comprensibili.
Viene poi scelto un direttore (o una direttrice) del doppiaggio. Toccherà a lui (o a lei) scegliere e assoldare le voci più adatte a quel prodotto, barcamenandosi fra tempistiche, disponibilità, date e orari in cui le sale di registrazione siano libere. E scegliere la voce significa, spesso, compiere un’attenta analisi dell’interprete di quel personaggio, per capire quale timbro, quale suono si incolla meglio su quel viso, quelle espressioni, quelle movenze. Tanto che a volte la voce “nuova” sembra quasi più adatta di quella originale.
Una dizione perfetta
La formazione di un professionista del doppiaggio non è scontata: serve anzitutto una buona dizione, assolutamente priva di qualsivoglia inflessione dialettale o regionale. È quasi straniante sentire la stessa persona, che fino a un minuto prima parlava con una forte cadenza romana o milanese, perdere completamente ogni traccia della propria origine geografica quando parla davanti al microfono. E se in un momento di stanchezza sfugge una vocale troppo aperta o troppo chiusa, o una consonante doppia dove non dovrebbe esserci, nessuna pietà: si ripete l’anello. Dove per “anello” si intende il gruppetto di battute a cui si sta lavorando in quel momento. Una terminologia ereditata dai tempi in cui si tagliava letteralmente la pellicola per selezionare le parti da lavorare, e ogni parte veniva incollata ad anello per essere proiettata più e più volte fino a una registrazione perfetta.
Che cosa infastidisce i doppiatori?
Un turno di doppiaggio dura solitamente tre ore. Ore in cui i vari doppiatori entrano ed escono dalla sala di registrazione dandosi il cambio a seconda degli anelli che vanno registrati. E non è un mestiere riposante come potrebbe sembrare, servono attenzione e impegno. Quindi, gli elementi di disturbo non sono graditi, anche quando obbligati. Ad esempio un personaggio che debba gridare spesso, perché le corde vocali alla lunga ne soffrono; e parole o frasi con forti allitterazioni, perché è facile impappinarsi e dover ripetere l’anello, nonché farlo ripetere ai colleghi. Senza contare i guai non obbligati, ad esempio battute il cui adattamento non è ottimale, perché vanno corrette lì per lì e questo causa ritardi nella lavorazion. Ma d’altra parte, si sa, l’arte non è mai priva di impegno e sofferenza.
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L’arte del doppiaggio è solo uno dei tanti elementi poco noti che si possono scoprire riguardo al variegato mondo del cinema. Se è un argomento di tuo interesse, puoi consultare anche questo articolo sui libri che parlano di cinema, e che raccolgono curiosità di ogni genere.