Di trasmissioni sui disturbi dell’alimentazione è pieno tutto: web, televisione, podcast, libri. Del problema si è parlato, e parlato, al punto che ogni individuo dovrebbe, quantomeno, essere sensibilizzato riguardo l’argomento. Invece no. Invece, per quanto la lotta contro i disordini alimentari sembri essere sempre un tema caldo, all’ordine del giorno, pare sempre di vivere fermi al punto di partenza.

I disturbi del comportamento alimentare
Non li vedrai mai finché non sarà evidente, finché non sarà troppo tardi. Ed è lì, in quel troppo tardi, che si affollano tutti: psicologi, nutrizionisti, ospedali, personale altamente specializzato. I disordini alimentari sono subdoli e trovano terreno fertile in ogni angolo della quotidianità. Ogni stimolo è efficace per ricordare, in un modo o nell’altro, che non si è abbastanza.
Non si è abbastanza belli, abbastanza magri, abbastanza formosi. Non si è abbastanza degni d’amore, c’è sempre qualche vuoto da riempire o qualcosa in più da dover togliere. Non si è abbastanza protetti, e allora c’è bisogno di qualche strato in più che alimenti l’armatura o, al contrario, si desidera soltanto volare via e allora il corpo diventa soltanto un impedimento.
Per parlare di disturbi alimentari non servirebbe una giornata sola ma un’immersione profonda nella vita degli altri. Il requisito base è sempre uno, unico e solo: l’empatia.

L’empatia è la chiave della lotta ai disturbi del comportamento alimentare
Chi dice che l’attenzione al prossimo non può essere insegnata, sbaglia allo stesso modo di chi fa della cancel culture sui libri di Roald Dhal la soluzione magica per ogni problema. Come se non usare la parola grasso portasse via lo sguardo di giudizio ogni volta che una persona sovrappeso si concede un biscotto. Ecco, l’empatia ti fa chiedere cosa c’è dietro quel biscotto. Magari niente, magari un mondo. C’è empatia al di là del 15 marzo?
Oltre la retorica del mens sana in corpore sano bisogna porre in essere un ragionamento: il disturbo alimentare è sì una gabbia, ma per chi ne soffre è anche una soluzione. Ci sono problemi per cui, spesso, il cibo è un mezzo risolutivo. Prenderne o privarsene sono azioni simboliche, come un rito, come nascondersi sotto le coperte quando fuori c’è il temporale e si ha paura.
Chiedersi di cosa il cibo è simbolo, è questo che bisogna fare. Osservare, domandare, capire. Agire.

Un Fiocchetto Lilla a cintura di preoccupanti numeri
3 milioni di persone, in Italia, soffrono di un disturbo alimentare. Rispetto al 2019, il sito ufficiale del Ministero della salute conta un aumento delle patologie del 40%.
3 milioni di persone non sono soltanto una comunità ma una città intera, non molto inferiore rispetto a Roma. E se questo non spaventa, pensa che per questi 3 milioni ci sono soltanto 126 strutture, in tutta Italia, che si dedicano alla cura dei Disturbi dell’alimentazione e della nutrizione.
Ma, prima di puntare il dito contro lo Stato, prima di urlare alle misure insufficienti, occorre guardare alla società con occhio attento e un po’ critico, dal particolare al generale. Se è vero che basta una sola persona a rompere lo schema, è vero anche che si vive lo schema in maniera troppo invasiva per comprendere che vi si è dentro fino al collo.
Prima di dire che non è vero, prendi lo smartphone: si celebra l’ingresso delle modelle curvy alle grandi sfilate, ma le modelle curvy sono spesso persone normopeso; si proclama la bellezza in ogni taglia accanto alla pubblicità dell’acqua e limone per arrivare belli alla prova costume; il cibo viene demonizzato così come chi lo mangia: sano e non sano. Di nuovo, come se fosse proprio il cibo, il problema, e non la psiche di chi sa come renderlo una croce o una panacea.

Un po’ di 15 marzo tutti i giorni
Come detto, l’empatia è la vera chiave per una lotta efficace contro i disturbi alimentari. Mettere da parte l’individualismo onnipresente degli ultimi anni, dedicarsi al prossimo mettendo da parte i concetti alla base stessa del linguaggio. Riempire le conversazioni con del significato. Apprezzare curve e spigoli di ogni anima.