Dampyr, per la regia di Riccardo Chemello, è il primo film prodotto dalla Bonelli Entertainment, progetto dalle ampie vedute di Sergio Bonelli Editore. La pellicola riprende le vicende dell’omonimo fumetto e segue le avventure di Harlan Draka, il dampyr figlio di un vampiro Maestro della Notte e di un’umana.
La trama
Inizi anni Novanta, i Balcani sono sconvolti dalla guerra; nelle piccole città semideserte, le poche persone che ci sono diventano cibo per quel pericolo segreto e letale che sono i vampiri. In questo scenario che mescola l’orrore delle bombe alla crudeltà dell’uomo, Harlan e il suo socio Yuri vagano di paese in paese ingannando le piccole comunità: in cambio di vivande e denaro, il dampyr scaccerà via gli spiriti maligni. Ciò che Harlan non sa è che lui è davvero un dampyr, l’arma che ogni essere del male deve temere. Ne diventerà cosciente dopo l’incontro con il soldato Kurjak e la vampira buona Tesla. Il rapimento di Yuri da parte del Maestro della Notte Gorka metterà il trio sulla strada verso Sarajevo.
La guerra
Lo scopo di un film è quello di intrattenere, certo, ma è bene anche riflettere su ciò che si è visto. In Dampyr è forte la volontà di mostrare una fetta del passato europeo, mostrando i Balcani in guerra. Il tema della guerra non soltanto è marcato in un’ambientazione affatto avida di dettagli, ma è anche un argomento di discussione che riguarda i personaggi coinvolti nella vicenda. Dampyr affronta diversi tipi di conflitto che si esprimono tramite gli screzi e i confronti tra Tesla e Kurjak: quale società apporta il danno peggiore? Quella degli uomini o quella dei mostri?
Vi è poi un altro tipo di guerra, quella interiore vissuta dal protagonista, combattuto circa l’accettazione della propria natura eppure disorientato dalla mancanza di un terreno, una storia profonda che possa dirgli qualcosa in più circa le sue radici e la sua identità. Se il potere è prima di tutto consapevolezza di sé, è giusto dire che Dampyr, per Harlan, è solo l’inizio di un lungo viaggio.
Dampyr e il Bonelli Cinematic Universe: una scommessa persa?
Al Lucca Comics and Games, Bonelli ha presentato l’ambizioso progetto di costruire un universo apposito per i personaggi dei suoi fumetti più amati. Dampyr è quindi il primo passo in questo senso, un passo che porta il cinema italiano al di fuori della sua zona di comfort. Se questa è una cosa buona, però, il rovescio della medaglia viene mostrato in tutta la sua inclemenza quando il film Dampyr viene inevitabilmente messo a diretto paragone con quelli provenienti dal mostro sacro MCU che, in modo altrettanto inevitabile, negli anni ha fissato un canone, un nuovo modo di godere del fumetto al cinema. Dampyr presenta dei difetti, che diventano errori quando rapportati al canone di riferimento.
Cosa non ha funzionato
Il primo tra tutti è quello di privilegiare, nel pubblico, chi è già a conoscenza della storia di Harlan. A uno spettatore digiuno del fumetto riesce difficile poter comprendere come si è sviluppata nel tempo la personalità del protagonista, e perché. Pochissimi flashback non colmano un buco narrativo che rimane, si ha sempre la sensazione di non aver capito bene qualcosa o che ci sia un pezzo mancante. È possibile estrapolare un elemento o due snocciolato in poche frasi, ma da qui a inquadrare in modo chiaro il protagonista la strada è molto lunga.

Il secondo errore è narrativo, strutturale: lo scopo del protagonista non si esaurisce nell’arco narrativo del film. Si parla di predestinazione e di una scelta, all’inizio, ma questo tema non si sviluppa. Lo spettatore resta con un ‘e quindi?’ sulla punta della lingua e, per quanto sia chiaro che Dampyr sia solo il primo film di una serie, ciò non mitiga l’insoddisfazione e la sensazione che il prodotto presentato al pubblico sia, di fatto, incompleto.
Il terzo errore presente nel film Dampyr riguarda l’evoluzione dei rapporti tra i personaggi. È vero che situazioni particolari possono unire oltre ogni immaginazione persone dai background più diversi, ma arrivare in pochissimo tempo a un grado di apertura, conoscenza e fiducia tra sconosciuti – che neanche avrebbero poi motivo, in realtà, di andare d’accordo – è qualcosa che toglie coerenza all’avventura stessa e che rende inconsistente la squadra d’azione. È possibile che, anche qui, qualcosa sfugga a chi non ha letto il fumetto? Se la risposta è sì, allora l’errore è grave.
Si può solo migliorare?
Se spogliato delle sue ambizioni, Dampyr non è un brutto film: le scene d’azione sono ben curate, così come l’ambientazione e la colonna sonora. La regia è immatura, certo, ma occorre ricordare con chi ci si confronta e spezzare una lancia a riguardo, perché non c’è contesa.
Dampyr è a tutti gli effetti un’opera prima: per il suo regista, per la Bonelli Entertainment, per l’Italia in un mondo di colossi di cinema e fumetto. Come detto, è un primo passo. È possibile auspicare, allora, che in futuro cadere sarà più difficile, perché si avrà ben chiaro dove mettere i piedi per non inciampare.