Come si può spiegare il significato di una parola che definisce… l’indefinibile? Abbiamo già parlato di parole non comuni e legate alla difficoltà di descrivere concetti difficili, nebbiosi. Vediamo allora di capire anche cosa significa ineffabile.
Cosa significa ineffabile? Dire l’indicibile
A istinto, sappiamo che si avvicina appunto ad altre parole come indicibile, indefinibile… ma dal punto di vista etimologico è più sfuggente. Di poco. Infatti, se “indicibile” ha a chiaramente che fare con “dire” e “indefinibile” con “definire”, la radice della parola “ineffabile” è rimasta nel latino, lontana da vocaboli odierni che sì, derivano dal latino anch’essi, ma ci sono più familiari.
Cosa significa ineffabile, quindi? Deriva da “in”, il solito prefisso che esprime una negazione, e da “effabilis”, ovvero “che si può dire”. A sua volta, “effabilis” deriva da “effari” (“pronunciare chiaramente”). Che a sua volta ancora, è composto da “ex” (prefisso che suggerisce “da, fuori, via”) e “fari” (cioè “parlare”, sebbene meno usato rispetto a “loquere”).
Insomma, qualcosa che dalle semplici parole non si può estrarre, tirare fuori. Qualcosa che rimane al di là della nostra capacità affabulatoria, tanto per usare un altro termine con delle radici comuni. George Steiner, ad esempio, sosteneva che «dobbiamo creare nuove forme [di comunicazione, NdR] perché l’ineffabile giace oltre i confini della parola».

Cosa significa ineffabile, quando si scrive
Significa entrare in un ambito scivoloso, di quelli da cui, nella maggior parte dei casi, è meglio stare lontani. Prima di dichiarare la propria incapacità nel far entrare il lettore in un sentimento o in un panorama (fisico o metaforico che sia), ci si deve chiedere se davvero si sta affrontando qualcosa di così profondo da non riuscire a distinguerlo o se piuttosto non si tratti di un momento di pigrizia.
Un uso della parola “ineffabile” che sia invece creativo e appropriato? Lo si trova per esempio in una poesia di Thomas Eliot, Il nome dei gatti (in originale The Naming of Cats). In essa si sostiene che ogni gatto ha un nome segreto, noto solo a lui stesso, che a volte dentro di sé ripete in silenzio, come rapito da una contemplazione mistica…
Quando vedete un gatto in profonda meditazione,
T.S. Elliott, “Il nome dei gatti”, trad. Roberto Sanesi
la ragione, credetemi, è sempre la stessa:
ha la mente perduta in rapimento ed in contemplazione
del pensiero, del pensiero, del pensiero del suo nome:
del suo ineffabile effabile
effineffabile
profondo e inscrutabile unico NOME.
