Economia, risparmio e finanza regolano molti aspetti della storia del mondo e delle politiche internazionali: non è più possibile disinteressarsene
Fra i tanti mali di cui soffre l’Italia (analfabetismo funzionale, disoccupazione, abbandono scolastico, gender gap, corruzione e via dicendo), uno dei più subdoli ma anche più gravi è la carenza di cultura economica e finanziaria. Molte persone nel nostro Paese non hanno le idee chiare su cosa siano la legge della domanda e dell’offerta, quale sia la differenza tra utile e fatturato, cosa si intenda per interesse semplice o interesse composto, come funzionino i prodotti finanziari più diffusi (titoli di stato, obbligazioni, fondi d’investimento). Questo porta danno ai singoli, privi degli strumenti per valutare una serie di questioni che li toccano da vicino, e all’intero Paese, la cui opinione pubblica spesso si affida al sentimento per valutare questioni politico-economiche su cui certamente si possono avere idee diverse, ma che andrebbero almeno valutate con qualche competenza tecnica in più. Per chi volesse colmare almeno una parte di queste lacune, proponiamo tre libri dal taglio storico (con un raggio a volte ampio, a volte circoscritto) per aiutare a comprendere le impostazioni di massima delle principali teorie economiche, da cui spesso derivano le scelte dei governi, delle banche, delle grandi società di assicurazioni.
Iniziamo con Storia dell’economia, di John Kenneth Galbraith (Rizzoli-BUR, 1998; ed. or. Economics in Perspective, Houghton Mifflin, 1987): è un testo piuttosto noto, scritto da un economista di idee liberal, ipercritico nei riguardi della cosiddetta “società opulenta” (termine da lui coniato per descrivere la massa dei cittadini visti dalle grandi aziende più come consumatori che come persone) e delle corporation statunitensi sempre più autoreferenziali e slegate dalla realtà. A prescindere da queste posizioni, sviluppate negli anni Cinquanta e Sessanta, in questo libro Galbraith segue lo sviluppo dell’economia dal mondo antico alla metà degli anni Ottanta ed esamina fenomeni come la schiavitù in vari tempi e luoghi del mondo, le teorie sull’importanza dei beni agricoli in voga nel Settecento francese, l’approccio rivoluzionario di Karl Marx e così via. Inoltre, l’autore punta l’attenzione sulle circostanze che, probabilmente, determinarono l’approccio all’economia di diversi pensatori: ad esempio, Adam Smith avrebbe promosso così tanto il libero commercio, se non fosse vissuto in un luogo e in un momento nei quali il libero commercio era particolarmente vantaggioso?
Pop Economix. Il grande show della finanza che ha innescato la crisi, di Davide Pascutti (Becco Giallo, 2013), è un libro di tutt’altro genere. In primo luogo, ha un taglio molto più divulgativo rispetto a quello di Galbraith, che è redatto in un linguaggio comprensibile ma è pur sempre scritto da un economista nato nel 1908. In secondo luogo, prende in considerazione un periodo di tempo molto breve e il fenomeno economico che lo ha caratterizzato, ovvero quello della crisi dei mutui sub-prime che ha portato alla cosiddetta Grande Recessione (il cui evento-simbolo è stata la bancarotta di Lehman Brothers del 15 settembre 2008 e i cui effetti di lunga durata stiamo scontando ancora oggi). In terzo luogo, è scritto a fumetti, con un uso brillante di testi e disegni che rende piuttosto semplice seguire il ragionamento e comprendere una serie di fenomeni. In alcuni punti ha un taglio un po’ semplicistico e manicheo, ma è una lettura gradevole che offre spunti di riflessione, qualche idea su come correggere gli eccessi della finanza speculativa e un utile glossario dei termini più tecnici.
Breve storia dell’economia per chi non ne sa niente di Niall Kishtainy (Il Saggiatore, 2020; ed. or. A Little History of Economics, Yale University Press, 2019) è probabilmente, fra questi tre, il testo più equilibrato e obiettivo. Come il libro di Galbraith, offre un excursus sulle origini e lo sviluppo delle principali teorie economiche nel tempo, e come il libro di Pascutti ha un approccio semplice, adatto anche a persone del tutto digiune di cultura economico-finanziaria. Contiene interessanti aneddoti ed episodi storici, e dedica alcuni capitoli a temi caratteristici del nostro tempo, come lo sguardo prettamente maschile che ha caratterizzato lo sviluppo delle teorie economiche o l’influenza che hanno emozioni e meccanismi psicologici nell’approccio quotidiano delle persone alla finanza e alla gestione del risparmio. Si conclude con un capitolo intitolato “Perché diventare economisti?”, e la risposta assomiglia a quanto si diceva all’inizio di questo articolo: per sapere di cosa parliamo quando parliamo di economia, e per trovare risposte sempre migliori alle domande che condizionano le vite di tutti noi.