Che quest’anno si tengano le celebrazioni per i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri, ormai lo sanno anche i sassi. Non si contano più le iniziative a tema, in qualsiasi campo dell’arte e della cultura. Ma come si può leggere la Divina Commedia oggi, senza che appaia datata?
Lo stato di smarrimento dell’uomo
Si può perché, come qualsiasi opera letteraria che dura nel tempo (e sette secoli non sono pochi), pur invecchiando dal punto di vista della struttura e del linguaggio, rimane eterna sotto il profilo della sua umanità. Un “classico” è, cioè, un’opera che affonda le radici talmente in profondità nel cuore dell’essere umano, nelle sue paure e nei suo sogni, da far sì che ci ritroviamo in essa, che riconosciamo nei sentimenti dell’autore o dei personaggi i nostri stessi sentimenti.
Dopotutto, la temibile selva oscura in cui Dante si trova all’inizio del poema che cos’è, se non l’intrico di timori e incertezze che tutti noi proviamo, e a più riprese, durante la nostra vita? Ecco come si può leggere la Divina Commedia anche ora. Si può perché ci poniamo sempre domande ancestrali: perché esistiamo, come siamo nati, cosa abbia acceso in noi la scintilla della vita. E poi altre domande, che hanno più a che fare con la visione pratica ed etica del nostro esistere: come mettere a frutto nel migliore dei modi il tempo che ci è concesso, come prendere la strada giusta per noi, come sfuggire alle minacce e alle ingiustizie.

La ricerca delle nostre risposte contemporanee
Naturalmente le risposte che offriva Dante nel Trecento non sono più adatte alle persone degli anni Duemila. Non solo Dante era un fervente cattolico, ma era imbevuto di una cultura religiosa fatta di dogmi indiscutibili e di risposte assolute. Lui per primo, nell’introdurre alcuni personaggi nel primo libro della sua opera, ad esempio Virgilio o Pier Delle Vigne, viveva il conflitto tra l’ammirazione che nutriva per loro e l’aderenza a una dottrina che gli imponeva di collocarli comunque nell’Inferno. Insomma, Dante non era un tipo incline al compromesso.
Dunque come si può leggere la Divina Commedia, un’opera dai contenuti così rigidi e implacabili, anche al giorno d’oggi? Si può perché questi suoi lati ci permettono comunque di esercitare il nostro giudizio critico. Perché osservare la distanza tra le posizioni di un poeta del Trecento e quelle dei suoi lettori odierni ci aiuta a conoscere l’evoluzione del pensiero da allora a oggi. Perché l’ostinazione di Dante e dei suoi contemporanei, nel trovare risposte e consolazione di fronte ai dilemmi che condividiamo con loro, è uno sprone per trovare risposte più significative per noi. Così da riuscire come Dante, se non altro per qualche momento, a riveder le stelle.
