Le serie spin off di Karate Kid conferma il successo delle prime due stagioni. Tra mito e serialità, una storia che non smette di appassionarci
Continuano le avventure di Johnny Lawrence e Daniel La Russo. Rivali, ma non troppo. Partita come serie spin off di Karate Kid su Youtube, Cobra Kai è sbarcata su Netflix nel 2020 con le prime due stagioni. Il successo, immediato e clamoroso, ha convinto la produzione a realizzare una terza e poi una quarta stagione. Gli anni Ottanta continuano ad affascinare il pubblico delle serie tv, basti pensare al consenso planetario di Dark e Stranger Things. Cosa resterà di questi anni Ottanta?, cantava Raf. Finalmente possiamo dare una risposta: rimangono due reduci un po’ acciaccati, ma ancora vincenti, che si sfidano a colpi di karate e musica hard rock.

Conflitti generazionali
Una delle ragioni del successo della serie è senza dubbio la trama. La storia non è solo un racconto di gente che si dà mazzate, tra folli acrobazie e combattimenti spettacolari. C’è dell’altro. Cobra Kai è anche un racconto sul rapporto tra le vecchie e le nuove generazioni. Sul dialogo conflittuale tra padri e figli, tra mentori che prendono il posto di genitori assenti e figli che cercano dei punti di riferimento saldi per crescere ed emanciparsi.
La morte del padre è la perdita più dura per un uomo, secondo Freud. La figura paterna rappresenta un modello fondamentale con cui confrontarsi. Se viene a mancare quando si è molto giovani è necessario un nuovo modello: un sostituto o un mentore. Qualcuno che funga da guida ed esempio, con il quale scontrarsi e riappacificarsi ciclicamente, in vista della piena consapevolezza e della sopraggiunta autonomia.
Johnny Lawrance è ossessionato dal suo passato e dalla rivalità con Daniel La Russo. La sconfitta al torneo di karate, subita da adolescente, lo ha segnato in modo profondo. La vicenda è raccontata anche dal suo punto di vista e questo ci permette di immedesimarci con più facilità nel suo personaggio. I perdenti, o antieroi, esercitano un grande fascino sul pubblico che segue con crescente interesse le velleità di riscatto dell’ex bullo di Karate Kid.
Johnny è cresciuto con il patrigno che lo ha sempre tenuto a distanza. Senza un padre presente, il suo modello di riferimento è diventato il sensei Kreese: un uomo cinico e senza scrupoli, autore del celebre motto: Colpisci per primo. Colpisci, più forte. Nessuna Pietà. Ci troviamo di fronte a un mentore che fa della prevaricazione, attraverso l’uso della forza, la sua arma più potente. Come non ricordare un’altra celebre icona degli anni Ottanta: Il mentore malvagio per eccellenza, ovvero il Sergente Hartman di Full Metal Jacket. A sua volta Johnny ha un figlio: Robby Keene che lo accusa di non esserci mai stato per lui. Come il Telemaco di Ulisse, il figlio di Johnny subisce la sindrome del padre assente. Un padre che torna periodicamente, ma che non riesce a liberarsi del tutto dal richiamo dell’avventura e dell’eterna adolescenza. Dal mare in tempesta e dal canto delle sirene.