Cinzia Ortali è un’artista eclettica, sempre alla ricerca di nuove forme espressive. Diplomata in pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, insegna disegno e storia dell’arte. Dal 1997 espone in mostre collettive e personali in Italia e all’estero.
«Mentre la vita scorre velocemente, l’arte procede lentamente: l’ispirazione non sempre ci accompagna»
Che cosa ricorda degli studi accademici?
Ricordo un’aula spaziosa, illuminata da enormi finestroni, ragazzi e ragazze che entrano ed escono; il pavimento è macchiato di colore e qualcosa alle pareti attira lo sguardo.
«Ma lei chi guarda?»
Questa è la domanda che mi rivolge il professore di pittura dell’Accademia di Belle Arti. Io sto mostrando dei disegni o un dipinto, o qualsiasi altra cosa io chiamassi arte; diverse persone attendono il proprio turno seduti intorno. Devo dichiarare quali artisti sono la mia fonte di ispirazione e da lì in poi sarebbe nata, nella migliore delle ipotesi, una discussione peregrina in materia di estetica, con molto di politico. Niente di strano in questo: già dagli esordi nel XVI secolo all’Accademia si imparava per imitazione, copiando i capolavori dei maestri.
«Io guardo Carol Rama, Dadamaino…»
«Ma lei deve guardare i Grandi!» commenta il professore.
Vorrei poter credere che l’espressione i Grandi equivalga a un neutro, come accade spesso per il sostantivo uomo che abbraccia tutta l’umanità, ma non è esattamente così. La copia di opere di grandi artisti serve a uscire da se stessi, a rimescolare le carte.
Da cosa trae ispirazione?
Ho fatto un sogno tanti anni fa: camminavo tra i ruderi del palazzo di Cnosso, le pareti erano state imbiancate, la luce proveniva da un cielo terso color blu reale, in molte stanze mancava il soffitto. Giunta alla fine del labirinto, su una grande parete anch’essa bianca, vidi rappresentata una città vista dall’alto. Mura circolari e all’interno diversi edifici sparsi, più che una città era un accampamento di baracche, una tendopoli, un circo. L’immagine era potente e ho iniziato a inseguirla.
Finalmente, qualche anno dopo, ho ritrovato la stessa emozione in un museo fiorentino davanti ai magnifici ricami imparaticci di antiche bambine. Pezzuole di lino ricamate a punto croce con repertori di immaginette: cuori trafitti, animaletti, figurine, bordure incompiute e alfabeti disposti casualmente, senza intenti decorativi e complessivamente senza senso. Immagini talvolta grossolane perché quadrettate, infantili, che ho copiato a centinaia su carta e su stoffa.
E poi di nuovo, la stessa emozione davanti a certi controversi tappeti afgani, chiamati “tappeti di guerra” (War Rugs), in particolare quelli che di primo acchito sembrano “tappeti di preghiera” tradizionali, con giardini, edicole e fontane, mentre a uno sguardo più attento rivelano carri armati, mine, kalashnikov.
Quali opere trova maggiormente interessanti, in relazione al suo lavoro?
L’opera False prospettive di Dadamaino è una pittura tonale monocroma che sfrutta le potenzialità infinite di un modulo semplicissimo: il quadrato. Questo schema di base rigidamente geometrico è riscaldato da un raffinato uso del colore. Tutti i trattatisti che si sono occupati di colore sono interessanti, per ultimo Jorrit Tornquist, il più attuale.
A chi si emoziona con il colore consiglio i panneggi di Barocci, le apparizioni in Tintoretto, i Tiepolo, i toni neutri e delicati di Morandi e i rosa di Philip Guston.
Cinzia Ortali (Faenza, 1975) Diplomata al Liceo Artistico Arcangeli di Bologna e in Pittura all’Accademia di Belle Arti di Bologna, insegna Disegno e Storia dell’arte. Dal 1997 espone in mostre collettive e personali tra cui: Artiste sul filo (2013) a cura di A. Kotliarsky, Fontanone Arte, Faenza (Ra); E bianca (2012) a cura di M. Fabbri, Museo Civico San Rocco, Fusignano (Ra); Libri d’artista (2012), Galleria d’arte Graffio, Bologna; Pensiero stupendo 3 (2006) sezione disegno, Palazzo Sforza, Cotignola (Ra); Stop and go (2003) a cura di G. Papi, Il laboratorio dell’imperfetto, Gambettola (FC); Historical Review (1999) a cura di R. Pace, Enschede (Olanda); L’osso del cervello (1997) Galleria Estro, Padova; zero tolerance (contro la violenza sulle donne) a cura di A. Baccilieri (1997) Libreria Il Portico, Bologna. Vive a Faenza.
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