Ieri sera, in data unica, la Mic Musical International Company ha portato sul palco milanese dell’Arcimboldi la commedia musicale che vede protagoniste l’arte e le opere di Vincent Van Gogh. I 170 anni dalla nascita di Vincent Van Gogh sono stati una buona ispirazione per Andrea Ortis, autore e regista di questa piece sorprendente.
Van Gogh Café, lo spettacolo
La vita e l’opera dell’artista scorrono per gli spettatori attraverso le parole delle lettere, moltissime, che Vincent scrisse al fratello Theo. A far da cornice al tutto, uno di quei café chantand parigini che andavano per la maggiore a fine Ottocento, proprio la sera della riapertura, qualche ora prima del debutto di Madame Odile, della sua orchestra e del corpo di ballo.
Philippe (Andrea Ortis), antiquario innamorato della pittura, entra nel café ancora chiuso e inizia a parlare con l’indaffarato cameriere (Giulio Maroncelli) che pian piano si lascia coinvolgere, come tutti i presenti, nelle storie del mercante d’arte. In quei ritrovi era la regola trovare artisti e scrittori e lo stesso cameriere Luc snocciola i nomi di Cezanne, Renoir, Monet, Gauguin, Picasso e Modigliani.
Alla conversazione, tra le prove di brani e coreografie, si aggiungono tutti i dipendenti del café: la star del locale, Madame Odile (Floriana Monici), la ballerina con aspirazioni da cantante, Mademoiselle Aline (Chiara Di Loreto) e le altre danzatrici.
Philippe insegna loro a leggere, non le parole, ma i quadri dell’artista.
In scena la vita e le opere di Van Gogh
Diverse le tematiche trattate nella commedia musicale, che la rendono ricca e densa.
L’arte, prima di tutto, letta con gli occhi semplici del barista e delle cameriere.
«L’arte è di tutti, Luc. Rappresenta la vita di ciascuno. Cosa vedi qui?»
da Van Gogh Café
«Quello che vedo sempre: mia sorella, mia madre, mia nonna…»
Anche la specifica e rivoluzionaria visione dell’arte di Vincent, si rivela tra le note e i bicchieri di assenzio, dalle citazioni delle lettere, direttamente dalla penna dell’artista. Sul palco e nel pubblico tutti seguono l’artista e i suoi colori cambiare, dal buio delle miniere e della povera gente ritratta quasi senza colori all’esplosione di luce e colore che pervade le tele a partire dal soggiorno parigino per concludersi nel periodo trascorso nel sud della Francia.
Il giallo, il blu, la luce e il colore si stampano anche nelle retine del pubblico, alternati tra il fondo o il bordo del palco, grazie al sapiente uso delle luci e delle proiezioni animate in 3D che trasformano il palco in una Notte Stellata o in un Campo di grano.
Geniale, solitario, a volte folle, visionario, sempre in cerca di compagnia ed amicizia, affascinato dalla luce in ogni sua reale ed ineffabile sfumatura. Vincent Van Gogh è il padre dell’Espressionismo e l’emblema del colore.
Andrea Ortis, autore e regista
La rappresentazione dell’animo umano in Van Gogh Café
Tuttavia, c’è molto di più nello spettacolo che le opere e la rivoluzione artistica di Vincent Van Gogh: c’è il viaggio, fuori e dentro di sè.
La nave e il treno delle scenografie sono il veicolo per spostare Vincent nella storia, ma anche lo spettatore all’interno del suo animo sempre più tormentato. Le citazioni alternano cenni dell’arte in continua evoluzione all’infelicità di essere sempre solo, incompreso, dileggiato come “inutile imbrattatele”, come pazzo.
C’è il viaggio nella memoria di ciascuno dei personaggi, che ritrova nella vita di Van Gogh un pezzettino della propria e con essa, interpreta e legge le sue opere. La privazione della famiglia, le ambizioni infrante, una vita infelice, la fame e i compromessi: tutto questo riconoscono gli impiegati nelle tele. Ma più di tutto l’amore e il desiderio di vita, comune a loro, comune a tutti.
Tutti, in quel caffè, arrivano a saper leggere. Se non le parole, di certo le immagini, nell’unica lingua che usava l’artista: la vita che vedeva attorno a sè.
C’è il viaggio nelle debolezze umane: l’alcol per il pittore, l’ambizione e la rivalità tra la primadonna ormai a fine carriera e la giovane emergente. E quello nelle speranze e nei sogni, che la vita possa cambiare, che si possa avere qualcosa per cui lottare.
Van Gogh Café è quindi la storia di uomini e donne, di fiducia e cadute, malinconie intense e gioie straordinarie, amicizie profonde e solitudini feroci.
È questo sguardo di umanità incantata ed incessante, questo continuo peregrinare in cerca di ascolto, questa solitudine profonda e fitta, questa fanciulla raccolta di sensazioni d’anima, la base della spina drammaturgica di Van Gogh Cafè. È l’uomo a svelarsi, ma senza l’obbligo di volersi far comprendere, è Vincent che, in forma amichevole, quasi familiare, penetra il vissuto di ognuno attraversando le campiture, mai troppo piene, del dipinto di ognuno.
Andrea Ortis, autore e regista
La musica, la danza e le atmosfere luminose, nulla manca in Van Gogh Café
A rendere il tutto ancor più spettacolare concorre la magia della musica dal vivo, con l’orchestra composta da pianoforte/musette, violino, chitarra, contrabbasso e percussioni, e delle voci delle due protagoniste, diverse tra loro ma molto espressive.
La colonna sonora si integra nello spettacolo e ne diventa protagonista, facendo riscoprire la classe e la personalità dei grandi parolieri e cantanti francesi come Edith Piaf, Charles Aznavour, Mireille Mathieu, Yves Montand.
Gli espressivi interventi coreografici del corpo di ballo danno una dimensione diversa allo spettacolo, rendendo anche fisici i momenti salienti dello spettacolo: la sequenza delle macchine è di una potenza difficile da scordare.
La parte del leone però la fa l’intero ambiente scenico progettato da Gabriele Moreschi, in cui lo spettatore passa attraverso atmosfere luminose e visive emozionanti. La tridimensionalità degli spazi e delle opere immerge gli astanti nell’opera, oltre che nel cafè in cui si svolge la recitazione.
Van Gogh Cafè è questo, corde e fasci di luce che escono dai personaggi in scena, veicoli ineguagliabili di emozione, colori precisi ed unici di una tavolozza che non può essere compresa se non nel suo insieme. Il pennello teatrale, cui la parola è colore steso vive dell’umanità di questo cafè, tela vivente di un racconto per sempre.
Andrea Ortis, autore e regista
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