La tecnologia è un argomento che caratterizza ormai il presente ed è chiaro che sarà la protagonista del prossimo futuro.
Innovazioni, nuove forme di comunicazione e di interazione uomo-macchina stanno portando la nostra società a un confronto diretto e sempre più veloce con la loro integrazione nella vita di tutti i giorni ma, soprattutto, nel mondo del lavoro.
Dopo il successo dalla comparsa di Chat GPT e di AI sempre più capaci di comprendere e tradurre gli input in parole, immagini e musiche attraverso tecnologie conversazionali e la machine learning, è evidente uno scenario che può preoccupare i professionisti sul ruolo delle macchine nel futuro dell’uomo ma non è possibile però ignorare che tutto questo porterà anche alla nascita di nuove professioni o nuovi ruoli che coinvolgeranno il modo del lavoro, quindi quello della formazione, e di conseguenza, quello dell’insegnamento.
Il collegamento con il mondo degli insegnanti è a questo punto lecito; sono loro che formeranno chi, nel domani, userà queste tecnologie ma che già da ora deve iniziare a conoscerle e comprenderle.
Per questo è opportuno intervistare Antonio Miele, un professore che ha saputo sfruttare gli strumenti tecnologici per innovare il suo metodo di insegnamento.
Il professore delle nuove tecnologie
Come in un romanzo, la storia di Antonio non nasce con una passione coltivata fin da bambino per il mondo della scuola. Con due bocciature alle superiori e quasi quattro anni di facoltà di medicina, la sua decisione di diventare docente avviene solo dopo aver incontrato i bravi e i cattivi professori. Oggi, guardando l’aula da un’altra prospettiva afferma che
In fin dei conti il problema atavico di un docente è sempre lo stesso: fare in modo che la tua voce arrivi fino all’ultimo banco. E per farlo ho imparato che bisogna sfruttare ogni mezzo possibile, compresa la tecnologia.
Materie umanistiche vs Materie scientifiche: la pace grazie alla tecnologia
Una dualità protagonista da sempre nel mondo della scuola, dove partendo già dall’attitudine di ogni studente viene deciso quale sia la strada da percorrere tra le materie umanistiche e quelle scientifiche. Un contrasto che non ha senso di esistere e che trova una nuova simbiosi grazie alla tecnologia, come ci conferma il professor Miele.
La rivalità tra materie umanistiche e scientifiche non ha senso, poiché tutto il sapere umano è nato proprio dalla contaminazione. La tecnologia può quindi essere utilizzata per veicolare determinati argomenti e dimostrare che le materie scolastiche non sono “cimeli polverosi”.
Dunque, è quasi naturale l’applicazione di queste materie nel suo programma scolastico, dove l’insegnamento della storia o della grammatica prende forma nella realtà virtuale, nei social e nel gaming.
Il risultato sono le lezioni di Antonio, che utilizza queste forme di insegnamento grazie anche alle tante piattaforme didattiche, molte delle quali gratuite, che possono essere sfruttate per creare esercitazioni e giochi interattivi.
Il professore, per esempio, prepara esercitazioni che gli alunni devono svolgere rispondendo ai quesiti con il proprio smartphone. Al termine di queste, viene restituita una classifica con tanto di punteggio per ciascuno studente, evidenziando le risposte errate per capire quali aspetti approfondire.
Queste pratiche di insegnamento portano a stimolare la ricettività della classe andando oltre a quello che c’è scritto sul libro di testo. A tal scopo, il professor Miele crea anche giochi e attività interattive, come la sua escape room su Leopardi.
«Talvolta degli alunni hanno la necessità di visualizzare concretamente un concetto: non per tutti è facile comprendere che la Scuola siciliana non era effettivamente un istituto con banchi, cattedre e lavagne. Allora creo una riproduzione stilizzata della corte di Federico II da proiettare sui banchi in modalità AR» racconta. Anche lo stimolo della creatività deve legarsi alle nuove tecnologie e all’attualità, un esempio sono i meme sulla Riforma Protestante o la realizzazione di una presentazione multimediale sulla Divina Commedia che Antonio assegna come compiti per i propri alunni.
Facendo mettere in pratica agli studenti le loro abilità informatiche e la creatività, rende l’apprendimento più coinvolgente e divertente.
Le nuove tecnologie e l’inclusione
Come per tutta la società attuale, l’inclusione è un valore fondamentale anche e soprattutto nell’ambiente scolastico. Tutti gli individui devono avere accesso alle stesse opportunità di formazione. Un esempio pratico di come le nuove tecnologie possano essere a supporto del sistema scolastico, il professor Miele lo fornisce attraverso l’uso di ChatGPT per uno studente straniero che è entrato a far parte della sua classe.
Nonostante l’ottimo atteggiamento di integrazione dimostrato dai suoi ragazzi è risultato da subito difficile trovare un modo per comunicare con lui in maniera efficace, considerando l’enorme gap costituito dalla mancanza della lingua italiana.
«Ho avuto l’idea di chiedere a ChatGPT di sintetizzare l’argomento di storia che avevo appena spiegato. Una volta verificato che le informazioni fossero corrette, ho chiesto di dirmi lo stesso concetto nella lingua dell’alunno» racconta. «Quando gli ho mostrato il risultato si è letteralmente illuminato: non era più tagliato fuori dalle mie lezioni e quindi dal resto della classe. L’AI non mi aveva restituito una semplice traduzione ma aveva scritto una spiegazione in lingua. L’esperienza mi ha portato quindi a riflettere sui possibili utilizzi di questo strumento, non solo per gli alunni stranieri. Questa esperienza mi ha fatto riflettere sulla potenzialità di ChatGPT e delle AI per l’inclusione degli studenti».
La tecnologia mette a rischio il ruolo di insegnante?
L’insegnante deve essere pronto a sperimentare, ad adattarsi e ad aggiornarsi di continuo, perché la tecnologia evolve rapidamente e le esigenze dei giovani cambiano di giorno in giorno. Non si può rimanere fermi su un’unica strategia, ma bisogna essere flessibili e pronti a cercare nuovi modi di coinvolgere gli studenti.
L’insegnamento non deve essere più visto come un obbligo, ma come un’opportunità per imparare e crescere e la tecnologia può essere uno strumento prezioso per raggiungere questo obiettivo, senza mai sostituire l’esperienza umana e il valore della relazione tra insegnante e studente.
In sintesi, l’utilizzo della tecnologia in classe può rappresentare un valido aiuto per gli insegnanti e un’occasione per coinvolgere gli studenti in modo innovativo ed efficace.
Il lato oscuro delle tecnologie esiste?
Bisogna prendere in considerazione il ruolo della storia, non soltanto come la materia che il professore insegna nelle sue classi, ma anche quella che riguarda i tempi più recenti in cui giovani, a causa dell’assenza dell’insegnamento (spesso da parte dei genitori) di un corretto uso delle tecnologie, ora mostrano i danni che Antonio vede in scontro con le dinamiche di insegnamento.
«La soglia dell’attenzione è calata drasticamente, il concetto di “noia” ha assunto un’accezione esclusivamente negativa, c’è la tendenza a quella che chiamo la “pornografia del divertimento” cioè gli adolescenti su Twitch o su YouTube guardano gli altri giocare, non sono soggetti attivi. Insegnando storia due cose le so. La prima è che dagli errori del passato qualche insegnamento bisogna pur trarne; la seconda è che il progresso non è un processo che si può arrestare».
I lati oscuri sono molteplici anche per quello che riguarda le novità tecnologiche ma non significa per questo che non si possano evitare. Il problema non è che le AI possano o meno portare gli studenti a non lavorare sui compiti assegnati, ma «Da quando l’argomento ChatGPT e AI in generale è diventato di dominio pubblico, leggo interventi di esperti e colleghi che dipingono uno scenario da romanzo distopico o riescono a evidenziarne solo gli aspetti negativi» dice il professore. «Personalmente non trovo molta differenza fra copiare e incollare una ricerca da Wikipedia e farsela scrivere da ChatGPT, per cui la mia preoccupazione al momento non è tanto nascondere ai miei alunni l’esistenza delle AI ma ragionare con loro su come possiamo sfruttarle per migliorare il nostro apprendimento».
Al di là di ChatGPT: i consigli di lettura dell’insegnante
Infine, Other Souls Magazine è legato particolarmente al mondo della cultura e dell’editoria: è stato chiesto al professore di consigliare 3 libri che suggerirebbe a tutti i suoi alunni, al di fuori di quelli che vengono tradizionalmente impiegati nei programmi scolastici. Ha risposto così:
«Ai miei studenti consiglio solitamente libri che aiutino a sviluppare il pensiero critico o facciano scendere dai monumenti gli autori. L’arte di essere fragili. Come Leopardi può salvarti la vita di Alessandro D’Avenia per sfatare il mito di un Leopardi depresso e farlo ritornare alla sua dimensione di essere fragile che però non si accontenta di starsene zitto. Credo sia un dato importante in una società dove la fragilità è vista come una sorta di malattia da combattere».
Continua, poi: «Metroromantici dei Poeti der Trullo perché negli studenti persiste la convinzione che la poesia sia una forma d’arte morta e invece gli autori hanno saputo dimostrare che è perfettamente in salute ed è capace di vivere nei libri quanto sui social e sui muri delle periferie».
«Riflessioni sulla questione antisemita di Delphine Horvilleur, un saggio adatto anche ai ragazzi in cui la rabbina francese suggerisce alcuni spunti interessanti e originali sulle origini dell’antisemitismo e sulle discriminazioni in generale».
Ringraziare Antonio Miele per questa panoramica è dovuto, nella speranza che altri professori seguano il suo esempio.