Il 10 gennaio 2023 è uscito in Italia il libro del principe Harry, Spare, il minore (Mondadori). E prima ancora del contenuto del libro ecco che la rete si riempie di polemiche. Ma il libro del più piccolo dei figli di Lady Diana è solo l’ultimo di una lunga filza di libri in grado di far gridare i lettori allo scandalo.
Il fenomeno è stato senz’altro accentuato dall’epoca dei social, dove Facebook e fratelli fanno da cassa di risonanza e trasformano una chiacchiera in qualcosa di incredibilmente più grande. Fatto sta che, in questi giorni, il web sembra letteralmente impazzito e l’argomento principale non è quello che ha detto, fatto o pensato il principino reietto Harry. Parlare del contenuto sarebbe fin troppo facile e forse pure un po’ scontato, in un’epoca in cui si susseguono centinaia di riposte a post dopo aver letto solo il titolo di un articolo e averne ignorato letteralmente il succo.
La questione che si dibatte – su profili privati, ma se ti addentri nel circuito chiuso dei gruppi o delle pagine vedrai che il delirio è fuori controllo – è tutt’altra: il mondo aveva bisogno del libro di Harry? Un editore non ha null’altro di meglio da pubblicare? Possibile che si debba scendere così in basso?
L’editore è un benefattore?
Alle polemiche sterili si dovrebbe rispondere solo in un modo. No, non con il silenzio, perché quello i “sordi” non lo sentono comunque. Si risponde con una valida argomentazione, che dovrebbe chiudere ogni altra questione fino al prossimo libro “spazzatura”: l’editore – qualunque editore – non è un benefattore, non pubblica libri per innalzare i lettori oltre vette di consapevolezza estrema, non pubblica per appagare palati sopraffini, non pubblica per migliorare il mondo. Un editore pubblica per vendere libri. Punto. Anche l’editore più raffinato. Sì, qualcuno doveva pur dirlo.
Il libro del principe Harry è un bestseller annunciato. E non tradirà le aspettative, perché là fuori, checché ne dica il super lettore con cinque lauree e con la puzza sotto al naso, ci sono migliaia di persone attratte dal gossip, dalle chiacchiere, dalla vita di un ragazzo che ha sfidato il mondo e – forse proprio per questo – cattura simpatie a destra e a manca (tranne che tra i propri familiari, sia chiaro).
E questo non significa che là fuori ci siano orde di imbecilli, tutt’altro. Ci sono persone con gusti variegati, che amano passare il tempo in modo diverso da chi magari legge solo filosofia o autori vincitori del Premio Nobel. Ci sono persone che spendono il loro tempo in mille passatempi e la sera, stanche e serene, vogliono dedicare una sana mezz’ora a quello che brutalmente si potrebbe definire il fancazzismo. In un modo o un altro lo fanno tutti, ma se viene toccato il proprio piccolo angolo di paradiso ci si indigna: “Ma come, noi siamo lettori forti, leggiamo Eco, Proust, Joyce… e voi ci pubblicate il Principe Harry? Come vi permettete?”
Il principe Harry e non solo lui
Harry è solo l’ultimo (e ultimo non sarà) di una lunga serie di libri “non libri”. Prima di lui è possibile tranquillamente ricordare il manuale che voleva insegnare alle persone come si parla in corsivo, ma come dimenticare il libercolo di frasi e pensieri della De Lellis o quei libri “scritti” da chi, come Francesco Totti, a mala pena conosce l’alfabeto, eppure dialoga tanto bene con un pallone, come pochi al mondo.
Leggere è una passione, per alcuni un lavoro, per altri un “in più” in una giornata piena di altro. Ognuno ha diritto di avere il proprio libro da leggere, che sia Il Pendolo di Foucault o Spare. Non esiste una formula che dica che A è meglio di B. Esiste solo il sacrosanto gusto e un imprenditore (l’editore) che intuisce un potenziale cliente e gli offre un prodotto.
A proposito di Spare
Spare può non piacere, può non interessare. Come il manuale di corsivo o le barzellette di Totti. Non serve a nulla farne una polemica. Basta non comprarlo. E dedicare il tempo della polemica a leggere qualcos’altro. E così magari crescere veramente. O no?
Andrea Franco