In questo stesso giorno, il 15 febbraio 1898 nasceva a Napoli Antonio de Curtis, in arte Totò, uno dei più grandi attori nella storia del teatro e del cinema italiano. Forse non tutti sanno che, oltre a essere un grande interprete sul palco, era anche un poeta, che ci ha lasciato una poesia che è un capolavoro, nella quale riesce a trattare con ironia un tema forte come quello della morte: A Livella.
La poesia di Totò che ci rimette al nostro posto
Totò era un maestro nell’utilizzare comicità e leggerezza per fare della critica sociale. Era sempre pronto a sbeffeggiare i potenti quanto a esaltare i bisogni e gli istinti umani primari: la fame, la sessualità, la salute mentale. Cosa che fa meravigliosamente anche in A Livella, con la quale ci insegna che la morte allinea ogni differenza sociale e che con essa dobbiamo tutti fare i conti, prima o poi. La poesia è ambientata in un cimitero, dove un visitatore, che era stato a rendere omaggio a suoi cari il 2 di novembre, rimane chiuso dentro per la notte e assiste al litigio fra le anime di due defunti: il netturbino Gennaro e il nobile marchese di Rovigo e Belluno. Il dialogo è memorabile e il modo in cui l’umile netturbino zittisce l’arrogante marchese rimane impresso nella memoria.
‘A morte ‘o ssaje ched”e? è una livella. / ‘Nu rre,’ nu maggistrato, ‘nu grand’ommo / Trasenno stu canciello ha fatt’o punto / C’ha perzo tutto, ‘a vita e pure ‘o nomme / Tu nu t’hè fatto ancora chistu cunto? […] Sti ppagliacciate ‘e ffanno sulo ‘e vive / Nuje simmo serie, appartenimmo à morte!” La morte sai cos’è?… è una livella. / Un re, un magistrato, un grand’uomo, / varcando questo cancello, ha messo il punto, / perché ha perso tutto, la vita e anche il nome: / ti sei o non ti sei reso conto di questo? […] Queste pagliacciate le fanno solo i vivi: / noi siamo seri… apparteniamo alla morte!”.
A livella: la poesia che ci ricorda chi siamo
La livella è uno strumento che usano i costruttori per “livellare” le superfici e assicurarsi che siano perfettamente lineari. La morale di questa poesia è che la morte è, appunto, una ‘livella’, capace di appiattire ogni differenza sociale. La bellezza dei versi, unita al profondo significato di questa opera, ci fanno conoscere, oltre all’artista Totò, anche l’uomo Antonio de Curtis, persona dotata di grande sensibilità ed estrema intelligenza. Versi che ci ricordano l’essenziale: la nostra natura di esseri umani, che ci rende tutti uguali davanti alla morte, dove non contano più la classe sociale o le ricchezze accumulate in vita, conta solo il ricordo che abbiamo lasciato. Una poesia che può essere considerata un vero e proprio manifesto, in cui ci riconosciamo tutti. Forse è per questo che, pur facendo parte della tradizione napoletana, è stata riconosciuta a livello internazionale ed è diventata un “classico” della letteratura.
A proposito di giustizia e di uguaglianza, vi consiglio di leggere questo articolo sull’emozionante libro di Patrizio Nassirio, D’inverno, Venezia.