Arrivano i 90 anni per Roman Polansky, regista polacco che ha dato modo di parlare di sé in più occasioni. Personalità dirompente in ogni senso, ha creato capolavori e al contempo raccapriccio. La sua maestria quando si parla di visione d’insieme è ineccepibile, eppure tutto questo genio a volte sembra essere inglobato da un’aura di inquietudine.

La vita di Roman Polansky
Roman Polansky non nasce in un contesto semplice. Nasce nel 1933, la sua famiglia subisce lo stigma dell’antisemitismo; sua madre muore ad Auschwitz, mentre suo padre sopravvive a Mauthausen. Si dedica poi alla macchina da presa e alla regia, si concentra su Hollywood e riversa tutto il suo genio nella direzione degli altri. Nel 1968, conturbante e ricco di inquietudine esce Rosemary’s Baby, in cui una futura madre diventa l’ospite del figlio del diavolo per la sete di successo di suo marito.
Se Rosemary’s baby apre a Roman Polansky le porte di Hollywood, nel 1977 il film Chinatown le sfonda definitivamente. 11 nomination all’Oscar accompagnano questa detective story con Jack Nicholson e Faye Dunaway. Nel 1979, con Tess, fioccano altre nomination all’Oscar per miglior film e miglior regia.
L’apice della carriera di Roman Polansky, però, si ottiene negli anni Duemila con Il Pianista, film Palma d’oro al Festival di Cannes e vincitore nel 2003 di ben 3 Premi Oscar. Il Pianista mescola l’esperienza diretta di Polansky alla biografia del pianista Władysław Szpilman, interpretato da Adrien Brody.
Roman Polansky, eccessi e scandali
Si dice che tanto genio debba essere, talvolta, compensato dalla follia. Polansky non ha mai avuto un carattere semplice e, in più, l’accusa di violenza sessuale a carico di una minorenne contro di lui è sempre ben viva nell’immaginario collettivo, e non solo quella. Sono ben più di una le dita puntate contro Roman Polansky, e il regista per la maggior parte del tempo ha sempre deciso di non replicare pubblicamente alle accuse.
Polansky è così una specie di fantasma di Hollywood la cui vita personale è un labirinto di contraddizioni da cui, però, escono film eccezionali come L’ufficiale e la spia sul caso Dreyfus, nel 2019. In molti sono i colleghi che difendono a spada tratta il genio di questo regista, che sarà presente al prossimo Festival del Cinema di Venezia.