Alessandro Manzoni, uno dei più grandi e influenti romanzieri italiani nasceva il 7 marzo 1795. La sua storia non è delle più semplici: suo padre (Giovanni Verri) non è che l’amante di sua madre (Giulia Beccaria) che, dopo la nascita di Alessandro, decide di consegnarlo a una balia e non curarsi più di lui.

Il piccolo, riconosciuto dal marito della madre, resta con la figura paterna tra le città di Milano e Lecco. Gli anni della scuola non sono i migliori, ma Alessandro coglie uno spiraglio di luce nelle letture dei contemporanei Alfieri e Parini e dei grandi illuministi francesi. In controtendenza con le idee paterne e supportato dalle idee della stessa cultura illuminista, il giovane sviluppa un pensiero rivoluzionario e anticlericali.
La produzione letteraria di Alessandro Manzoni
Conosciuto maggiormente per I Promessi Sposi (dapprima Fermo e Lucia, nell’edizione del 1823, ripubblicato poi nel 1827, dopo molteplici e importanti modifiche, e pubblicato definitivamente – nella versione in cui lo si legge oggi – nel 1840 (con l’appendice il saggio storico Storia della colonna infame), Manzoni è celebre per l’omaggio alla figura di Napoleone Bonaparte, a cui dedica Il Cinque Maggio, è anche autore delle importanti Odi Civili e di due tragedie, Il Conte di Carmagnola e Adelchi.
Alessandro Manzoni: il contributo linguistico
Conoscere una figura come quella di Manzoni è fondamentale anche per conoscere la storia d’Italia. Appassionato da sempre allo studio della storia, “illuminato” dal pensiero proveniente dalla Francia (in cui risiederà agli inizi dell’Ottocento), Manzoni, come facevano i romantici, rifiuta la rigidità del classicismo, intrisa di assolutismo e irrazionalità, spingendosi invece verso ciò che più si avvicina al popolo.

A tal proposito, è proprio con questo principio che staglia la sua personale idea riguardante la famosa questione della lingua. Manzoni, così come coloro che nel medioevo sostenevano che c’era bisogno di porsi il problema di far sì che venisse delineata una lingua comprensibile per un ampio numero di persone, e differentemente rispetto ai cultori della parlata toscana, rivedeva un potenziale nella parlata della classe colta fiorentina.
Ma è proprio con “l’opera” più clamorosa, I promessi sposi, che si possono analizzare le fasi dietro il suo ragionamento riguardante il contesto linguistico. A seguito della prima edizione, Fermo e Lucia (1823), Manzoni solleva il problema della questione della lingua pubblicando la cosiddetta “edizione ventisettana”, I Promessi Sposi, in cui non solo modifica l’ordine di alcuni capitoli, ma si accorge che il linguaggio adottato nella precedente stesura lo rendeva insoddisfatto, essendo un composto di frasi “un po’ lombarde, un po’ toscane, un po’ francesi, un po’ anche latine”, il famoso composto indigesto. Qui già si possono denotare i primi sentori di quella che sarà una vera e propria rivoluzione linguistica italiana.
La vicinanza tra scritto e parlato
Preso dallo sconforto, si trasferisce a Firenze per conoscere la lingua locale. Avendo compreso ciò di cui aveva bisogno, ovvero di una lingua scritta che potesse essere più vicina possibile a quella del parlato, Manzoni mette nuovamente mano al manoscritto destinandolo a tale tipologia stilistica, da qui la famosa espressione “risciacquare i panni in Arno”.
A seguito di tale scelta, Manzoni aggiungerà un importante tassello all’unificazione culturale del Paese, andando anche a sciogliere un dilemma che non veniva rispolverato dai tempi di Dante, e apporterà un decisivo contributo nella creazione dell’italiano standard del Regno d’Italia.