Dopo un lungo periodo in cui gli eccidi delle Foibe non erano conosciuti in modo approfondito, oggi sono trattati non solo in saggistica, ma anche in narrativa
Prescindendo da polemiche storiche e politiche destinate a ripetersi ogni anno, è pur vero che, fino a un po’ di tempo fa, c’è stata carenza di narrazione sui massacri delle Foibe. Ora esistono diversi volumi dedicati alla ricostruzione degli eventi, ma in questa sede abbiamo preferito segnalare cinque romanzi che, muovendosi fra storia e invenzione, ci avvicinano agli eventi del dopoguerra in Istria da un punto di vista più emotivo che storico.
La foiba grande di Carlo Sgorlon (Mondadori, 1992). In un immaginario paese istriano, l’atmosfera cambia drasticamente dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, e con il progredire delle violenze è necessario, per i protagonisti, rassegnarsi a fuggire dalla loro terra per scappare in Italia. È stato uno dei primi romanzi collocato in questa ambientazione, tanto che nel 2005 Sgorlon ricordava: «Di alcuni misfatti dei vincitori non si conosceva letteralmente nulla. Non erano noti i fatti e neppure le parole che servivano ad evocarli. Un esempio significativo. Quando io, nel 1992, pubblicai La foiba grande, il «Corriere della sera», citandolo, lo chiamò “la fobia grande”.»
Ma già prima di giugno di Patrizia Rinaldi (Edizioni e/0, 2015). La storia di una madre raccontata da una figlia ormai anziana, che rievoca le vicende di Maria Antonia mentre trascorre una lunga convalescenza a letto dopo un incidente domestico, assistita da una badante straniera. I piani temporali si mescolano, le vicissitudini di Maria Antonia (la fuga da Spalato, la scomparsa del marito nelle Foibe, i fratelli condannati ai campi di lavoro) si alternano alla vita della figlia e della badante: una vicenda di solitudini femminili, radicata nella Storia.
La città interiore di Mauro Covacich (La Nave di Teseo, 2017). Anche questo, come il romanzo di Patrizia Rinaldi, è una storia di generazioni, ma stavolta al maschile. All’inizio degli anni Settanta, gli anni di piombo, davanti alle conseguenze di un attentato un bambino chiede spiegazioni al papà che anni prima, bambino a sua volta, aveva già vissuto momenti di paura e sconcerto, immerso in situazioni più grandi di lui. Ma più ancora dei personaggi, che sono poi quelli della famiglia di origine slava dell’autore stesso, protagonista di questo libro è Trieste, una città che diventa simbolo di una memoria storica forse ancora troppo difficile da sviscerare in profondità.
Palacinche. Storia di un esule fiumana di Caterina Sansone e Alessandro Tota (Fandango Libri, 2012). Con questa graphic novel ci spostiamo a Fiume, città tristemente nota nel nostro passato, oggi non più italiana bensì croata e ribattezzata Rijeka. Caterina Sansone da bambina è stata esule con la sua famiglia e ha conosciuto la povertà nei campi profughi italiani. Oggi fa la fotografa, e proprio dal ritrovamento di una scatola di vecchie fotografie parte il viaggio suo e di Alessandro Tota, per ripercorrere a ritroso la storia di una famiglia (in particolare di Elena, la madre di Caterina) e del suo esodo, parlando al contempo dell’importanza di questo viaggio per i due autori e per il loro tempo.
Foibe: l’ultimo testimone di Graziano Udovisi (Alberti Editore, 2010). Dopo tre romanzi e una graphic novel, suggeriamo adesso un memoir, una storia autobiografica che, fra le tante giunte a noi dai tempi degli eccidi, è fra le più note. Graziano Udovisi è un ufficiale istriano della Milizia Territoriale fascista che, un giorno del 1945, diverso tempo dopo essersi arreso al nemico, viene condotto dai partigiani di Tito sull’orlo di una foiba insieme ad altri soldati: stanno per fucilarli. Lui si getta nella foiba un attimo prima che i proiettili lo colpiscano, e a prezzo di enormi fatiche riuscirà a salvarsi, risalendo dal canalone e portandosi dietro un commilitone, anch’egli ancora vivo. Il libro di memorie copre all’incirca quattro anni, dall’8 settembre 1943 (data del “proclama Badoglio”, che alla radio che annunciava la resa agli Alleati) al settembre 1947, quando viene scagionato dall’accusa di collaborazionismo con i tedeschi.