I plurali ostici fanno parte di quella schiera di stranezze grammaticali della lingua italiana in cui ogni persona si è imbattuta almeno una volta nella vita. La discendenza latina dell’italiano, di cui non sempre e non tutti hanno conoscenza, crea queste apparenti incongruenze. Dunque, ecco i 5 plurali ostici che più spesso mettono alla prova le capacità linguistiche del parlante medio italiano.
La ciliegia… della discordia
Frutto estivo dal sapore inconfondibile che si accompagna bene con il dolce e con il salato, la ciliegia è altresì conosciuta per la sua capacità di creare confusione per via del suo plurale: ciliege o ciliegie? Ecco uno di quei plurali ostici che genera l’eterno dubbio e che spesso si risolve solo consultando il Treccani.
Ebbene, il plurale corretto è ciliegie, con la “i”.
Tuttavia, è da considerare che fino alla metà del secolo scorso anche la grafia “ciliege” era diffusa in un certo grado in tutto lo stivale. Trattandosi di una questione puramente grafica, però, ci si avvale della regola empirica per cui se i gruppi finali -cia, -gia e -scia sono preceduti da vocale, allora la “i” si conserva al plurale.
Parti leggero, una sola valigia
Anche valigia soffre della stessa sindrome delle ciliegie e riesce, nella maggior parte dei casi, a far nascere quel dilemma esistenziale sulla corretta forma del suo plurale. Un plurale ostico in piena regola.
Non c’è da disperarsi. Vale la formula esposta prima, per cui sarà valigie e non valige. Essendo, infatti, il gruppo finale -gia preceduto da vocale, questo fa sì che al plurale la “i” si conservi nella grafia.
Un arco e una freccia
Segue un destino diverso invece freccia. Dal momento che la maggior parte dei comuni mortali non possiede il dono di Robin Hood, è palese che sarà necessaria più di qualche freccia nella faretra di ognuno.
Così, seguendo la formula empirica del plurale in -cia, freccia per passare al plurale perde la “i” e diventa così frecce.
Nelle piramidi non c’è mai una mummia sola
Parlando di plurali ostici è opportuno addentrarsi nelle profondità delle grandi piramidi. Come insegnano tutti i film che si rispettino, non c’è mai una sola mummia a tendere l’imboscata ai predoni. Il ritorno in vita del morto mummificato è spettacolare tanto quanto lo spalancarsi del coperchio del suo sarcofago. E qui nasce il dubbio: con due mummie la questione si fa complicata.
A questo proposito, per non sbagliare, la comunità linguistica accetta come egualmente corrette le forme sarcofagi e sarcofaghi, sebbene ci sia una prevalenza del secondo termine sul primo.
Lo stesso vale per chirurgo, i cui plurali chirurgi e chirurghi sono entrambe corretti, sebbene sia più usato il secondo che non il primo.
I plurali ostici sono tutto un altro… paio di maniche
Nei plurali ostici italiani rientra a pieno titolo il termine paio.
Nato originariamente dal plurale neutro (dal latino) paia, si è poi generato il singolare paio. Sebbene abbia lo stesso significato di coppia, indica però un qualcosa che nel suo essere doppio o sdoppiato possiede però una più stretta unione.
Così si ha il paio di pantaloni, perché ha due gambe, oppure un paio di occhiali, con due lenti. Al plurale si hanno perciò due paia di forbici o tre paia di calzini.
Sebbene non presenti una palese difficoltà nella sua formazione, è certo il più curioso fra i plurali ostici. Da notare, infatti, che non sempre il paio nella sua forma plurale corrisponde a un multiplo di due!
Nessuno direbbe di aver bevuto tre paia di bicchieri di vino, ossia precisamente sei bicchieri. Ma al massimo si potrebbe dire di aver bevuto “un paio di bicchieri”. E qui il plurale si misura solo in base alla tolleranza del bevitore!
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