Dopo vari racconti, sempre tratti da giochi da tavolo, La Guerra della Rosa Nera segna il passaggio dell’autore al romanzo: storia di ampio respiro e tanti personaggi
«Ma cosa fanno qui queste… “persone”?», domandò la piccola Irene quasi esasperata.
«Combattono», aggiunse con tono distaccato il Custode, che intanto si era avvicinato al cordone che azionava il meccanismo di oscillazione della campana.
«Combattono?», anche quella parola non aveva chiarito nulla. «Combattono contro chi? E per cosa?» Irene aveva un altro centinaio di domande da porre, ma l’agitazione aveva iniziato a strapparle l’aria dal petto e nessuna delle risposte che riceveva in cambio era in qualche modo esaustiva.
«La Rosa Nera richiede ogni dieci anni l’elezione di un Gran Maestro», proruppe con tono severo il Custode, gelando il sangue della ragazzina, «e quella che avverrà a breve, sarà la guerra che ne decreterà il prossimo».
Da “La Guerra della Rosa Nera” (Myth Press, 2020)
Marco Olivieri nasce il 19 marzo 1982 a San Benedetto del Tronto. Sin da piccolo si tuffa negli universi fantastici attraverso i libri, i giochi di ruolo e i giochi da tavolo. Nel 2016 decide di unire le sue grandi passioni e pubblica in rete Zombicide Adventure, una serie di racconti ispirati al gioco da tavolo Zombicide. Nel gennaio del 2018 pubblica un racconto dal titolo Fireteam Zero, d’ispirazione all’omonimo gioco da tavolo e, sempre nel 2018, pubblica RockStory, ispirato al gioco da tavolo Rockopolis, presentato durante il Lucca Comics & Games del medesimo anno. Il suo primo romanzo, La Guerra della Rosa Nera, edito da Myth Press, è uscito come ebook nel novembre 2020 e uscirà in edizione cartacea il 31 marzo.
Qual è il tuo metodo di lavoro, per ottenere un passaggio fluido da boardgame a libro? Cos’è che ti chiedi, come prima cosa, e quali sono le tappe del tuo processo creativo? Non solo per La Guerra della Rosa Nera ma anche per le esperienze precedenti.
Ormai sono diversi anni che scrivo ispirandomi ai giochi da tavolo e in tutto questo tempo ho affinato un metodo ben rodato che mi consente di sviluppare al meglio le storie. Il processo creativo nasce con uno studio accuratissimo del gioco e non sto parlando solo di meccaniche per “vincere la partita”, ma di una vera e propria analisi a trecentosessanta gradi di tutto il prodotto (ambientazione, grafiche, miniature, storie dei personaggi, elementi scenici, collegamenti esterni, impatto sui giocatori, etc…). Una volta acquisita una base solida di informazioni mi metto a lavoro sulla storia, che si fonderà, ovviamente, su tutto ciò che ho elaborato nell’analisi precedente (per la stesura non posso dire di avere un vero e proprio modus operandi perché ogni gioco ha delle caratteristiche che mi ispirano in maniera sempre diversa). Ci tengo però a precisare che ogni mio scritto, per quanto sia affine e legato al gioco a cui si ispira, deve avere una struttura tale da poter essere apprezzato anche da lettori ignari del gioco stesso, perché prima di tutto sono un narratore ed è mio compito fornire a ogni mio lettore tutte le informazioni necessarie per potersi immergere appieno nella storia.
Due giochi, un’ambientazione, nuovi personaggi
I giochi coinvolti in questo romanzo sono due: i quattro personaggi che ambiscono al ruolo di Alto Magister provengono da Black Rose Wars, ma l’ambientazione si ritrova anche in Nova Aetas (entrambi pubblicati da Ludus Magnus Studio). Quali ostacoli e quali punti di forza hai riscontrato nel dover tenere conto di entrambi i giochi, e di un worldbuilding così accurato e ricco?
Il lavoro sull’ambientazione è stato enorme, lo devo ammettere, perché ricollegare il periodo storico e rielaborarlo in chiave fantasy assieme ai personaggi di entrambi i giochi non è stata di certo una cosa da poco. Ma sia Black Rose Wars che Nova Aetas avevano già ben specificati molti dettagli che ho sfruttato nello scritto, ampliandoli ovviamente in relazione alle vicende narrate. Purtroppo, questa mole smisurata di elementi narrativi mi ha portato al più grande degli ostacoli che ho riscontrato… ovvero quello di mantenere il racconto entro il limite che mi ero prefissato di 300 pagine. Per questo motivo abbiamo deciso (io e la casa editrice Myth Press) di suddividere l’opera in due volumi, così da rendere la storia molto più leggibile e meno “pesante” (in ogni senso).
Mi incuriosiscono Irene e il Custode, che hanno la funzione di introdurre la sfida e il passato dei quattro maghi, ma penso non si limiteranno a questo. Come andrà espandendosi il loro ruolo (magari nel secondo volume)? La loro storia va a intrecciarsi con quella di Nero, Tessa, Rebecca e Jafar?
Questa è una domanda molto interessante. Purtroppo non posso rispondere come vorrei, anche perché non voglio rovinare la lettura a chi ancora non ha letto il primo volume. Però posso dire che tutti i protagonisti di quest’opera hanno in qualche modo un legame tra loro, che andrà inevitabilmente ad accentuarsi anche nel secondo volume. Irene, ad esempio, è una novità assoluta, dato che nei giochi non è presente, ma all’interno della storia avrà un ruolo sempre più chiaro e ben definito con i quattro maghi. Invece sul Custode, mi spiace, non posso dire proprio nulla: la sua figura è un mistero che potrà essere svelato solo dalle pagine del romanzo.