Lucio è ricordato oggi per la sua originalità e il suo forte carisma, che lo hanno portato a essere un’icona di stile oltre che musicale
Conosciuto ai più per le sue canzoni melodiche tradotte in diverse lingue, l’autore di Caruso è stato innanzitutto un musicista jazz. Suonatore di clarinetto e di sax, oltre che di pianoforte, già a quindici anni accompagnava Chet Baker nelle jam session, nel periodo in cui il noto trombettista statunitense viveva a Bologna. Dalla è difficile da capire e da catalogare, se non impossibile. Nelle sue canzoni è presente un modo nuovo di cantare, le parole da lui scelte, fondamentali per il suono e per il ritmo, denotano una ricerca che va oltre gli schemi classici, rivelandosi ricca di soluzioni armoniche e melodiche che costituiscono l’essenza del jazz.
Un grande comunicatore dal forte estro creativo
«Gesù Cristo e sant’Agostino sono stati dei grandi comunicatori», affermò durante un suo discorso nelle aule dell’Università di Urbino nel 2002, dove era stato chiamato a tenere una lezione come ospite speciale. Oggi possiamo dire che anche Dalla è stato un ottimo comunicatore, laddove per comunicazione si intende la capacità di veicolare un messaggio in varie forme. Dall’improvvisazione jazzistica fino alla scrittura di testi considerati oggi – a ragion veduta – delle vere e proprie poesie: i testi di Siamo dei, Piazza Grande, Come è profondo il mare.
Il disadattato senza calzini
Ironico ed eclettico, sperimentatore e innovatore, di Dalla vogliamo ricordare oggi un aneddoto: quando viveva a Torino e cantava con i Flippers, aveva l’abitudine – non gradita ai gestori del locale Le Roi Lutrario – di esibirsi scalzo. Gli fu affibbiata così l’etichetta di “disadattato senza calzini”, poiché una volta dimenticò di indossarli e si pitturò i piedi in modo da mascherarne l’assenza.

Cosa resta del suo (e del nostro) transito terrestre?
Lucio Dalla muore a sessantotto anni stroncato da un infarto, il giorno seguente a una sua esibizione in Svizzera, il primo marzo 2012. Di cosa sarebbe rimasto del suo passaggio su questa terra, il cantautore bolognese se l’era chiesto anche nelle sue canzoni.
Di recente ho qualche fremito diverso sul creato.
Anch’io a guardarmi bene vivo da millenni
e vengo dritto dalla civiltà più alta dei Sumeri
dall’arte cuneiforme degli scribi
e dormo spesso dentro a un sacco a pelo
perché non voglio perdere i contatti con la terra.
Che cosa resterà di me
del transito terrestre
di tutte le impressioni
che ho avuto in questa vita.
Che cosa resterà di noi
del transito terrestre
di tutte le impressioni
che abbiamo in questa vita
Che cosa resterà di me, tratta dall’album In Europa, 1988.
La risposta non l’aveva saputa dare. Noi che siamo ancora qui, invece, sappiamo cosa ha lasciato: un bagaglio artistico e musicale che è entrato a far parte della storia della musica.